La questione non è nuova, ce ne eravamo occupati in questa rubrica già sette anni fa. A renderla nuovamente di attualità e particolarmente dolorosa sono almeno due fatti. Il primo riguarda il periodo delle feste nel quale siamo entrati e che non ha visto calare questo tipo di contenuti, anzi. Il secondo è che in questi sette anni la piaga delle pagine, dei post e dei profili social blasfemi non solo non si è fermata ma si è estesa anche alle nuove piattaforme. Persino l’ultima nata in casa Meta, cioè Threads, arrivata da poco più in una settimana in Italia, ne è già infestata. Nessun social sembra salvarsi e per motivi diversi. Il primo riguarda il fatto che sono contenuti di diversa natura (testuali, audio, video, con immagini) e nessuno sistema di controllo al momento, nemmeno quelli che usano l’intelligenza artificiale, è in grado di bloccarli con efficacia. La seconda, ed è cosa ben più grave, è che quasi tutte le piattaforme non sembrano interessate a proteggere le offese alla religione, come sa bene chiunque abbia provato a segnalarle. Nei centri di controllo ci sono spazi dove si possono segnalare falsità, odio, aggressività, profili falsi od offese alla sfera sessuale ma niente che riguardi la religione, anzi le religioni. Terzo motivo. La legge degli Stati Uniti, dove molti colosso web risiedono, non considera la bestemmia un reato. E questo fa sentire le società che gestiscono le piattaforme legalmente a posto. E in Italia? Dal 1999 la bestemmia non è più un reato: è stata depenalizzata a illecito amministrativo. Gli autori sono punibili con una sanzione amministrativa che va da euro 51 a euro 309. Perché accada la bestemmia deve essere stata espressa pubblicamente. Un post pubblico o una pagina pubblica di Facebook ricadono in questo ambito, visto che la giurisprudenza consolidata considera i social network “luoghi pubblici”. Ma tutti fanno finta di niente. Non solo. Chiunque abbia mai provato a segnalare questi accessi si è visto rispondere che «il contenuto non viola i nostri standard» e gli è stato consigliato al massimo di bloccare la pagina o l’utente che li hanno generati. Come a dire: chiudi le orecchie e smettila di lamentarti. Si dirà che i social sono come un grande bar, e come accade in alcuni locali fisici ci si può imbattere in qualcuno che bestemmia. Da qui a considerare la stessa cosa pagine e profili che fanno del bestemmiare la propria “cifra stilistica” ce ne passa ma anche in questo caso la maggioranza non sembra accorgersi che questa deriva social sia una sconfitta per tutti, credenti e non credenti. L’ennesima dimostrazione che non riusciamo a rispettarci. Anzi, che siamo pronti a mobilitarci in massa solo per rispettare alcune idee e alcune posizioni. Sarà un caso ma in queste ore soprattutto su WhatsApp gira una amaro post dedicato al presepe. I sintesi racconta che per non offendere varie categorie di pensiero o di lavoratori dal presepe vengono rimossi tutti i protagonisti e persino «la stella cometa per ridurre l’impatto ambientale e l’inquinamento luminoso». Via anche i magi e l’angelo e via la paglia dalla capanna perché infiammabile. Alla fine rimane solo la capanna, «realizzata in legno riciclato proveniente da foreste conformi agli standard ambientali ISO, alta esattamente 2.70 mt, il minimo per ottenere l’abitabilità». Per fortuna in rete e sui social resistono ancora pagine, profili e post di contenuto religioso che in questo giorni più che mai ci accompagnano verso il vero Natale. Dove c’è posto per tutti. © riproduzione riservata