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La bellezza e gli umiliati: lo sguardo di Camus sull'uomo

Roberto Righetto giovedì 2 febbraio 2017
Julien Green lo definiva «un uomo probo». Di sicuro, se dovessi pensare a una figura tipo cui ispirarsi come modello di intellettuale mi viene in mente in primo luogo lui, Albert Camus, senza dubbio uno dei più grandi scrittori del '900: specialmente la sua idea di rivolta come anelito verso l'Assoluto, il dramma dell'assurdo che ha raccontato nel romanzo Lo straniero, o la resistenza possibile dinanzi alla tragedia del dolore innocente che ha saputo esprimere nell'altra sua opera più famosa, La peste, che gli valse il premio Nobel per la letteratura.
In Camus traspare sempre un rispetto radicale per i diritti insopprimibili degli uomini e dei popoli che, dalla seconda guerra mondiale al conflitto d'Algeria, dalla presa d'atto delle atrocità del comunismo alla condanna del terrorismo, va di pari passo con un senso di solidarietà verso i vinti. «Esiste una volontà di vivere senza rifiutare nulla della vita, ed è la virtù che io onoro di più in questo mondo. Almeno, è vero che di tanto in tanto vorrei averla praticata. Visto che poche epoche richiedono come la nostra che ci si faccia eguali al meglio come al peggio, mi piacerebbe appunto non eludere nulla e conservare intatta una doppia memoria. Sì, c'è la bellezza e ci sono gli umiliati. Per difficile che sia l'impresa, vorrei non essere mai infedele né all'una né agli altri». La bellezza e gli umiliati: la lunga citazione che mi sono concesso, tratta dal volume L'estate e altri saggi solari (Bompiani 2003), consente di comprendere la sua anima, mai immiserita dalle angustie del vivere e sempre pronta a cogliere anche il lato positivo del cuore dell'uomo.
E qui traspare la forza del "pensiero meridiano", l'impronta mediterranea che l'ha sempre segnato fin dall'infanzia trascorsa in Algeria («la terra di Giugurta e Agostino: incrocio particolarmente esplosivo, non è così?»). È uno sguardo al Sud dell'Europa che trova il proprio spirito vitale innanzitutto nei Greci, proprio come in Simone Weil, nella loro visione del mondo ove vige il rispetto fra uomo e natura, quell'«amore classico per il cosmo» trasfigurato nei grandi miti classici e nello splendore delle forme architettoniche e scultoree. Uno spirito che viene fatto proprio successivamente dal cristianesimo. Ma per Camus «il cristianesimo era all'origine una dottrina toccante ma chiusa, prima di tutto giudaica, che ignorava le concessioni: dura, esclusiva e degna d'ammirazione». È dall'incontro con il Mediterraneo che è nata una nuova realtà, il cattolicesimo: «Il monumento si è rifinito, abbellito, si è adattato all'uomo. Grazie al Mediterraneo, il cristianesimo ha potuto entrare nel mondo per avviare il prodigioso corso che conosciamo. È stato ancora un mediterraneo, Francesco d'Assisi, a fare del cristianesimo, tutto interiore e tormentato, un inno alla natura e alla gioia semplice». Si potrà naturalmente eccepire in merito a questa interpretazione che tende ad escludere le radici ebraiche e il genio latino, ma il suo richiamo alla sobrietà e alla capacità di mediazione del cristianesimo contiene non poche verità.
Già nella sua tesi di laurea del 1936, Metafisica cristiana e neoplatonismo. Plotino e sant'Agostino, egli si appassionava davanti al grande confronto culturale fra cultura greca e teologia cristiana e prefigurava i temi che accompagneranno la sua ricerca, segnata dalla figura di Agostino, a suo avviso «il solo grande spirito cristiano che abbia guardato in faccia il problema del male». Il male per lui significò spesso l'assurdo, al quale non volle mai cedere. Per questo nonostante amasse moltissimo Kafka gli preferiva Melville, come dichiara in un'intervista inserita alla fine del libro: «Io credo che ciò che mi respinge un po', in Kafka, sia il fantastico. L'universo dell'artista non deve escludere nulla, invece l'universo di Kafka esclude quasi totalmente il mondo. E poi, non saprei dedicarmi veramente a una letteratura totalmente disperata».

PS: con Camus, siamo arrivati a 9 autori rappresentativi della mia proposta di 50 libri importanti per la formazione del cristiano. Autori credenti e non credenti come nel caso di Camus. La sua consegna espressa nella frase "la bellezza e gli umiliati" al meglio esprime l'idea di 'tabula rasa' che questa rubrica vuole suggerire: poche basi essenziali da cui ripartire per ricreare cultura.