La beatitudine di don Mazzolari E «fine vita», tra verità e libertà
Stimolo personale. Tanti anni orsono, ne avevo solo 16, restai in coma profondo per 8 mesi e mezzo: «Meningite». La ritrovo oggi in tante pagine di cronaca. Allora il primario del reparto Marchiafava del San Camillo, a Roma, non voleva accogliermi dichiarando che ero già morto! Fu..."fermato", e per 8 mesi fu terapia di cura e affetto, medici del Forlanini e genitori presenti.
Sono qui. Dunque qualcuno oggi vuole arrivare all'eutanasia per legge? Sì, e con sostegno in tante pagine. Si può dissentire senza essere dichiarati retrogradi, clericali, fondamentalisti intolleranti? Sì, per fortuna. E allora libertà di giudizio, e di dissenso per tutti. Non serve una nuova legge che inclini all'eutanasia! Già oggi l'accordo tra la volontà del paziente, la famiglia e i medici consentirebbe senza bisogno di una norma nuova, una scelta responsabile.
Già oggi è lecito il rifiuto di accanimento terapeutico, la somministrazione di antidolorifici e l'accesso alle "cure palliative", anche se possono provocare una minore durata della vita (ma possono anche allungarla, se certo la rendono affrontabile). Casomai si riorganizzi al meglio tutto questo. La richiesta accanita di una regola, che consenta la decisione diretta della morte, comunque concepita e irrogata dallo Stato, è figlia di una cultura inaccettabile.