La battaglia (vinta) del Ruanda contro la plastica
Non ricordo più se era la consueta carestia che dilagava in Etiopia o che infestava il Niger, ma il vento che spazzava le carcasse degli animali sparse ovunque era sempre uguale anche nel suo certosino lavoro di raccoglitore della spazzatura di plastica che contaminava quel lembo di terra, lontana e sofferente.
Sappiamo, così ci dicono chi studia questo fenomeno, che ogni anno 8 milioni di tonnellate di plastica finiscono negli oceani e che esiste anche un'"isola" di plastica che galleggia nel Pacifico, grande tre volte la Francia. E poi sappiamo che le microplastiche contaminano 3 pesci su 4 e che, alla fine, nella catena alimentare, arriveranno anche sulle nostre tavole. Nei mari di tutto il mondo oggi ci sarebbero oltre 150 milioni di tonnellate di materie plastiche che avvelenano l'acqua e la sua natura. E anche nelle acque dei fiumi, nei laghi, nelle savane e nei deserti. Nel mondo vengono prodotti, ogni anno, 300 milioni di tonnellate di plastica di cui un terzo verrà abbandonato.
Ruanda è una parola che ricorda momenti terribili della storia africana del secolo scorso: il Novecento sfigurato da stermini e genocidi di popoli in proporzioni inumane. Esattamente da dieci anni, il Ruanda è diventato uno dei Paesi tra i più virtuosi e puliti di tutta l'Africa. Per mantenere l'ambiente pulito, come obiettivo di sviluppo, ha bandito l'utilizzo dei sacchetti non biodegradabili e tutti i materiali di imballo in plastica. Sostituiti con materiali come carta, foglie di banano, papiri, o prodotti biodegradabili. Un obiettivo di sviluppo che ha permesso impresa e lavoro.
Evidentemente, l'applicazione del divieto ha sorpreso la più parte degli utilizzatori sia i clienti sia i venditori e la messa in funzione non è stata semplice, perché, come spesso accade, per certi prodotti non c'erano alternative. Ma le autorità hanno mostrato una determinazione tale che alla fine soluzioni sono state trovate. Ora, quando se ne parla, tutti ti dicono: «Quanto era brutto e sporco prima, con tutti quei sacchettini neri (erano i più utilizzati) sparsi in ogni luogo, pendenti dai rami degli alberi lungo le strade». Questo è stato il primo passo verso un sistema che ha fatto di Kigali prima e del Ruanda poi la città e il Paese più puliti dell'Africa. Una reputazione che fa invidia a tutto un continente. Decisamente, un esempio da moltiplicare.