Quello di Max Pezzali e prima ancora degli 883, ovvero del duo con Mauro Repetto, è un fenomeno interessante per il successo che dura nel tempo, dalla fine degli anni Ottanta, ma soprattutto per una musica capace di unire le generazioni. Ai concerti di Pezzali (purtroppo Repetto ha rotto da tempo il sodalizio per avventure americane andate nemmeno troppo bene) tutti gli spettatori (attempati sessantenni, padri e madri cinquantenni assieme a figli ventenni e ragazzini non ancora adolescenti) cantano le canzoni degli 883 perché sono tutte memorabili, ovvero si ricordano facilmente, sono orecchiabili, ritmate e parlano di noi, raccontano in modo preciso, leggero, anche ironico, ma non per questo meno profondo e serio, i momenti della nostra vita, in particolare quelli giovanili, con un pò di nostalgia e un linguaggio semplice, diretto, comprensibile. Un fenomeno e una storia che Sky Original e il regista, sceneggiatore e produttore cinematografico Sydney Sibilia (Smetto quando voglio, L’incredibile storia dell’Isola delle Rose,…) hanno considerato leggendari al punto da costruirci sopra una serie tv in otto capitoli dal titolo, manco a dirlo, Hanno ucciso l’uomo ragno con sottotitolo, appunto, La leggendaria storia degli 883, in onda il venerdì su Sky Uno, Sky Serie e Sky Cinema Uno con varie repliche (anche questa sera su Sky Serie alle 21,15) e disponibile on demand. Si tratta di una storia ovviamente di musica, ma anche di grande amicizia, di un completarsi a vicenda, di amori e di illusioni, di intraprendenza e di coraggio, di come il mondo e l’Italia siano cambiati in questi decenni anche nel passaggio dell’era analogica a quella digitale, dalle radio locali ai social. Il tutto sullo sfondo della provincia pavese e di due ragazzi, compagni di liceo, che hanno dato vita a una delle band più amate e iconiche della storia della musica italiana. La serie li presenta come ragazzi qualsiasi, inizialmente anche un po’ sfigati, ma con un «superpotere», come dicono loro, quello dei sogni. Sydney Sibilia, autore, supervisore artistico della serie oltre che regista dei primi due episodi, si può dire che giochi con la verità romanzando quanto basta la vita di Max e Mauro, ben interpretati da Elia Nuzzolo e Matteo Oscar Giuggioli. Con Nuzzolo i truccatori hanno forse ecceduto nell’imporgli stempiature e improbabili capelli impastati, ma per il resto siamo di fronte a una serie che vale la pena vedere, capace anche in questo caso di unire le generazioni con una vicenda raccontata bene e lineare, se vogliamo fuori dal tempo, con i problemi degli adolescenti degli anni Ottanta che sono gli stessi degli attuali coetanei, con un’esame di maturità che inquieta oggi come ieri, con grandi sogni spesso difficili da realizzare, ma per i quali, come Max e Mauro che ci hanno creduto fino in fondo, merita sempre provarci.
© riproduzione riservata