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L’uomo della ruspa

Marina Corradi venerdì 12 gennaio 2024
Della mattina grigia in cui in un cimitero lombardo fu seppellito il mio amico Luigi, andatosene in una notte, una seconda faccia mi è stampata nella memoria. La fossa venne scavata sotto ai nostri occhi da una ruspa. Sempre, nei cimiteri, avevo visto spalare la terra con i badili. Una ruspa? Ma nell’anno del Covid quel camposanto doveva accogliere una moltitudine di morti. Gli appena sepolti avevano sulla terra nuda solo una croce col nome - alcuni neanche quella. Sembrava passata una guerra, in Brianza. Un uomo dalla cabina comandava la benna con abilità. Caricava la bocca dentata da una montagnola, nel fragore del diesel, e quasi con delicatezza depositava sulla bara la terra nera. Ma mi ipnotizzò il suo viso: una faccia che pareva scavata nella pietra, tanto le pieghe del viso erano fisse, l’espressione impassibile. Lavorava con precisione, e tuttavia i suoi occhi chiari guardavano altrove, lontano. Chissà chi sei, mi domandai. Chi sceglie di fare il becchino? Forse è un lavoro che accetta chi, dopo molti anni, esce dal carcere. La faccia dello sconosciuto mi faceva pensare a un prigioniero recluso per decenni, davanti a un muro invalicabile. Ce ne andammo. Dissi «buongiorno» all’uomo della ruspa, sorridendogli. Lui sussultò, stupito, senza rispondere. Come non fosse più abituato, ad occhi che lo guardavano. © riproduzione riservata