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L’Unione senza bussola s’affidi almeno ai filosofi

Gianfranco Marcelli domenica 29 ottobre 2023
Sballottata fra i marosi di conflitti per ora senza sbocchi, che si combattono alle sue porte (l’Ucraina) e nelle sue immediate e cruciali vicinanze (il Medio Oriente), l’Europa rischia di perdere irrimediabilmente la bussola del proprio futuro. Le conseguenze del grande rimescolamento geopolitico in atto minacciano di ridurre non soltanto il suo peso sulla scena mondiale, ma soprattutto il senso più profondo del suo esistere come Unione di Stati liberi ed uguali, legati da un comune principio democratico e da un libero “patto” associativo che la storia dei popoli non aveva ancora mai conosciuto. La scarsa consapevolezza della vera posto in gioco, che si percepisce tra le élite dei Ventisette, deve forse preoccupare più ancora delle conseguenze che le crisi belliche potranno avere sulla tenuta delle strutture comunitarie e delle sue economie. I leader di Bruxelles sembrano impegnati molto di più a guadagnare visibilità personale a spese dei colleghi che a compattare la squadra e lo sforzo comune. Nelle singole capitali si guarda al traguardo di giugno 2024, quando si voterà per il nuovo Europarlamento, pensando quasi solo alle conseguenze sugli equilibri politici interni e al mantenimento o alla conquista del potere in casa propria. Per l’Unione sembra invece arrivato il tempo di un profondo ripensamento ideale, oltre che sulle proprie istituzioni e funzionamento, sul suo destino e quindi sulla sua “missione” nel mondo di oggi e di quello che si profila. Ma un compito del genere non può essere affidato in primo luogo ai politici, risucchiati nel vortice degli “affari correnti” e della personale sopravvivenza. Occorrono contributi anzitutto di intellettuali e persone libere da vincoli di scuderia, con esperienza collaudata negli studi multidisciplinari. E tra queste discipline, per così dire “ad ampio spettro”, sembra oggi utilissimo, perfino decisivo, il coinvolgimento della filosofia. L’anno prossimo, a partire dal 1° agosto, si celebrerà a Roma il XXV Congresso mondiale di filosofia, che si tiene ogni cinque anni e che in origine era programmato a Sidney, ma che l’Australia ha poi rinunciato ad ospitare. La collocazione nella più antica capitale europea che, quasi 70 anni fa, ha visto firmare il primo Trattato di unificazione fra i sei Paesi fondatori della attuale Ue, non va considerata come una coincidenza casuale. L’Europa ha bisogno, oggi come non mai, di tornare alle origini della sua storia e di ripercorrere idealmente le vicende che l’hanno condotta fin qui, cogliendo i principali snodi ideali e ricavandone nuova linfa vitale. Non sembri utopico auspicare che, in vista del riunirsi di centinaia di pensatori da tutto il pianeta, qualche alta istituzione culturale o accademica, possibilmente con il supporto della Commissaria Ue competente, promuova la creazione di un comitato di cultori della materia, con l’incarico di immaginare il domani del Vecchio Continente, di offrirgli, alla luce del panorama storico contemporaneo, spunti originali, per comprendere le ragioni persistenti del suo esistere e trovarne di migliori. Esattamente 1500 anni fa, tra il 523 e il 524, Severino Boezio scriveva, nel carcere di Pavia dove l’imperatore Teodorico l’aveva rinchiuso prima di farlo giustiziare, il suo capolavoro: “La consolazione della filosofia”, opera che per molti secoli ha alimentato il pensiero europeo. Un millennio e mezzo dopo, oltre a consolare, la filosofia, specie se in dialogo con altre scienze, può sprigionare energie preziose per i cittadini d’Europa e, come è più volte avvenuto, per l’umanità intera. © riproduzione riservata