Su una spiaggia della Corsica, un gruppo di mucche, libere, dorate come la sabbia, sono immobili in mezzo ai pochi turisti, ignare di essere finite all'inferno. Al termine del suo libro intitolato Bloody Cow, Helena Janeczek consegna questa visione, «la più prossima alla mia idea di paradiso», alla memoria di Clare Tomkins. Era l'ottobre del 1996 e «l'undicesima piaga biblica», come si legge nella presentazione, «si stava abbattendo sul nostro Egitto». Inspiegabilmente Clare comincia a dare segni di depressione. Le viene prescritta una cura, non si riprende. Al contrario, deperisce, impazzisce. Finché un giorno cade sulle gambe, la testa all'indietro, il corpo attraversato da un tremito. Muore. Uccisa dal morbo della Mucca Pazza. Era vegetariana dall'età di undici anni. Come aveva preso il morbo? Si era contagiata inalando la polvere dei mangimi che maneggiava nel negozio di animali dove lavorava? L'incubazione poteva essere lunghissima? È il delirio mediatico, il panico, la psicosi collettiva, l'interrogazione incessante sul mangiare, sul non mangiare, sul morire di mangiare. Helena Janeczek ne rievoca le vicende, fra altre storie, documenti, allucinazioni, «allegorie verticali e orizzontali aneddoti», in un racconto morale che si riverbera, ancora più forte, sul nostro presente.