L'ultima follia social: gli influencer virtuali
Rozy è una ragazza molto carina. Dice di avere 22 anni. Nel suo profilo Instagram è ritratta mentre prende il sole in piscina, si trucca, sorseggia un aperitivo, prova un abito alla moda, sceglie il suo profumo preferito, alza un calice di vino seduta al tavolo di un ristorante di lusso e in mille altre pose simili a quelle di migliaia di altre ragazze del mondo che appaiono ogni giorno sui social.
Rozy è un'influencer. Usa cioè la sua immagine e la sua capacità di comunicare per pubblicizzare prodotti. E fin qui non c'è nulla di particolare: da Chiara Ferragni in giù lo fanno (o almeno ci provano) in tantissime. Soltanto in Italia nel 2021 sono stati investiti in influencer marketing «272 milioni di euro, con una crescita del 12% rispetto al 2020» come ha spiegato pochi giorni fa il presidente di UPA (Utenti Pubblicità Associati), Lorenzo Sassoli de Bianchi al convegno Influencer Marketing 2021. A ricorrere all'influencer marketing sono ormai quasi tutti i settori: dalla moda alla cosmetica, dalla tecnologia al mondo dell'auto, fino ai beni di largo consumo.
Torniamo a Rozy. Lei è asiatica, precisamente sudcoreana. Ma la sua particolarità è un'altra: Rozy è un'influencer virtuale. Non una persona in carne ed ossa ma creata al computer, con parametri molto precisi, per pubblicizzare nel migliore dei modi dei prodotti.
Rozy, come ha raccontato Matteo Flora, piace agli investitori, infatti «ha già contratti per 1 milione di dollari» anche se il suo seguito social non è enorme (ha circa 81mila follower).
A questo punto viene naturale chiedersi: a cosa serve avere un'influencer virtuale? La prima risposta è che può essere creata a misura di cliente. Anzi, su misura per conquistare il pubblico che un determinato cliente vuole raggiungere. Ma c'è un altro dato che deve farci riflettere: Rozy e le altre influencer virtuali in arrivo piacciono proprio perché non sono umane. A differenza di quelle in carne ed ossa non invecchiano mai, non hanno giornate storte, non ingrassano e non dimagriscono (a meno che il committente pubblicitario non lo voglia), non hanno malattie, non fanno gaffe, non hanno idee politiche né passioni sportive. Non hanno scritto post o fatto video imbarazzanti che un giorno potrebbero essere usati contro di loro, coinvolgendo in polemiche o situazioni imbarazzanti le società che hanno deciso di investire su di loro.
Rozy non fa e non dice nulla che non sia programmato a tavolino. E il paradosso è che funziona e piace proprio perché non ha alcuna imperfezione o debolezza umana.
Secondo gli ottimisti, investire su Rozy e le altre influencer virtuali non è poi così diverso da farlo su personaggi di fantasia come Topolino. Secondo i pessimisti, è la dimostrazione che certi romanzi di Philip K. Dick o Il mondo nuovo di Aldous Huxley (scritto nel 1932) non erano solo esercizi di fantasia.
Quale sarà il futuro di questi esperimenti è difficile prevederlo. Ma la presenza sempre più massiccia di virtuale nel reale non può e non deve lasciarci indifferenti. In un mondo ossessionato dalla perfezione un giorno potremmo perfino trovarci a chiacchierare online con i nostri amici attraverso nostre e loro versioni digitali senza imperfezioni. Probabilmente non ci saranno tempi morti, frasi sbagliate o cadute di tono. Magari saremo perfetti ma non saremo più noi.