Nella Lettera agli Ebrei San Paolo scrive: «Non dimenticate l’ospitalità poiché per essa alcuni ospitarono angeli senza saperlo» (13,2). C’è da intendersi sulla definizione di angeli. Non sono quelli alati dei dipinti. Sarebbe troppo evidente offrire loro un posto a tavola. Si tratta invece di figure umane, “angheloi” vocabolo greco che indica i messaggeri. Il verso citato dice che gli ospiti potrebbero essere “angheloi”. Questa eventualità dovrebbe disporre a dare il benvenuto. Credo che sia più di un’eventualità. Credo che ogni ospitalità riceva in cambio un messaggio. Ogni ospitalità è una lettera giunta a destinazione. Ogni forestiero è “anghelos”. Ma io, quando sono stato accolto, ho lasciato o recapitato un messaggio? Se è successo, non me ne sono accorto. Ho tentato di essere impercettibile, dileguandomi come i fantasmi prima dell’alba, per andare in fabbrica. Riordinavo il letto, cancellavo tracce di passaggio in cucina prima di uscire. Quando rientravo tardi dal turno serale mi toglievo le scarpe fuori della porta per non fare rumore. Non so di che messaggio posso essere stato portatore. Restituendo le chiavi, chiudendomi l’uscio alle spalle con il mio bagaglio leggero, potevo solo dire a me stesso che non avrei dimenticato l’ospitalità.
© riproduzione riservata