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L'ortofrutta prova la pubblicità

Andrea Zaghi sabato 21 aprile 2007
Anche l'agricoltura investe nella pubblicità. Proprio così, e non si tratta di cifre da poco, pur se gli osservatori della comunicazione pubblicitaria tendono a sottovalutarne le dimensioni. L'attenzione che le imprese agroalimentari dedicano al marketing e alla comunicazione, infatti, è uno dei segni che pur fra mille difficoltà il comparto sta cambiando per davvero. Per capire la situazione, è possibile guardare ad uno dei settori di spicco dell'agroalimentare: quello ortofrutticolo, che pure non sta attraversando un momento d'oro.Stando alle rilevazioni condotte da Nielsen Media Research, quindi, nel 2006 le imprese ortofrutticole hanno speso in pubblicità circa 17 milioni di euro. Ad essere privilegiata nella spesa, ovviamente, è stata la televisione(con il 78,7%), seguita dai periodici (12,3%), dalla radio (4%) e, a distanza, da quotidiani, affissioni, cinema e Internet.  Il commento degli esperti è stato subito netto: l'ammontare degli investimenti in comunicazione e pubblicità, è la cifra più bassa del settore agroalimentare. Anzi di più. Alcuni spiegano che se da un lato la produzione ortofrutticola continua ad essere ottenuta e commercializzata senza particolari «marchi» industriali oppure della distribuzione, è anche vero che desta meraviglia la «la ritrosia a investire risorse nel mercato pubblicitario a sostegno del cosiddetto Fruit and vegetable business». E non solo, perché, ad osservare la serie storica degli investimenti pubblicitari del settore, emerge chiaramente una diminuzione degli stessi. Nel 2003, la spesa globale in pubblicità è stata di poco meno 17 milioni di euro, che sono saliti a 21,2 milioni nel 2005 per ridiscendere bruscamente lo scorso anno. Gli imprenditori ortofrutticoli italiani stentano a capire i nuovi meccanismi della comunicazione nel mercato di oggi? Per certi aspetti parrebbe di sì, visto che lo strumento moderno per eccellenza ' il web ' è stato usato in rari casi dalle aziende. Ma, d'altra parte, la stessa situazione può essere colta negli atteggiamenti ' e conseguenti investimenti ' delle grandi case vitivinicole che usano Internet in maniera limitata. Ma, più concretamente, è necessario ricordare le caratteristiche proprie della produzione agricola nazionale e del mercato in cui viene collocata. Da una parte, infatti, le imprese della produzione e della trasformazione sono, spesso, ancora troppo piccole e frammentate per poter affrontare davvero il mercato pubblicitario (non avendo fra l'altro ancora risolto totalmente altri problemi legati alla produzione e alla distribuzione). Dall'altra, è sempre vero che l'acquisto di prodotti alimentari via Internet o solamente sotto la suggestione di forti campagne pubblicitarie, cozza contro la natura stessa delle modalità di scelta e valutazione degli alimenti. Insomma, è giusto fare pubblicità, ma questa deve fare i conti con prodotti che non sono mai standard e vengono spesso scelti non sulla base di frasi ad effetto ma di concretezze ben definite.