La materia prima per l’oro rosso italiano quest’anno è più scarsa del previsto. La campagna di trasformazione del pomodoro si è infatti chiusa con una produzione di 5,3 milioni di tonnellate, in leggera riduzione (-2,5%) rispetto al 2023. Si tratta di una flessione rispetto alle previsioni fatte, in particolare nel bacino Nord, nonostante un maggiore investimento in ettari a livello nazionale (+11% sul 2023). Detto in altro modo, anche se i produttori hanno investito di più in piante, la produzione alla fine è risultata inferiore. Alla base della diminuzione delle rese c’è sempre lo stesso motivo: una campagna molto complessa con siccità a Sud e sovrabbondanza di piogge al Nord, problemi che hanno causato frequenti “fermi fabbrica” e allungato il periodo di lavorazione fino ad inizio novembre. A soffrirne è stato soprattutto il Nord. Nel Centro-Sud Italia, infatti, sono state trasformate 2,87 milioni di tonnellate (+10% rispetto al 2023), mentre nel bacino Nord il trasformato finale è stato di 2,4 milioni di tonnellate (-14% rispetto allo scorso anno). Tutto ciò nonostante, come si è detto, l’incremento delle aree trapiantate rispetto alla scorsa campagna di trasformazione. A diminuire, poi, non sono state solo le rese in campo ma anche quelle industriali.
L’Italia continua ad essere il terzo paese trasformatore di pomodoro a livello mondiale, dopo la Cina (che registra un incremento del 31% rispetto al 2023 e del 68% sul 2022) e gli USA (in calo del 14% sulla scorsa campagna). Ed è proprio la Cina a destare le preoccupazioni maggiori tra i produttori e le industria di trasformazione. Anicav, che raccoglie le industrie di conserve e alimentari, in una nota spiega come l’incremento «produttivo della Cina rappresenti un’importante fonte di preoccupazione per l’industria italiana perché l’aumento delle esportazioni in ambito UE da parte di Paesi che producono sotto le soglie minime di sostenibilità ambientale e sociale rischia di incidere sulle dinamiche commerciali interne danneggiando lavoratori, consumatori e ambiente». Detto in altri termini, la Cina e altri paesi produttori potrebbero rivelarsi concorrenti sleali per l’Europa e l’Italia in particolare. Di fronte ad una eventualità di questo genere, Anicav invoca l’applicazione del principio di reciprocità ma anche l’estensione in tutta Europa dell’obbligo di produrre la passata solo con pomodoro fresco del quale deve essere indicata la provenienza. Poi, certo, ci sono anche i costi di produzione elevati rispetto alla concorrenza, una condizione che vale per molte altre produzioni e che complica ancora la vita di tutta la filiera.
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