L'Oratorio natalizio di Richard Wetz banchetto musicale dalle mille portate
Nelle tre parti in cui è suddivisa (Attesa e Annunciazione, La Nascita di Cristo e I Tre Re), la partitura si rivela ricca di rimandi che stimolano la fantasia dell'ascoltatore nella ricerca di atmosfere più o meno familiari: dal Preludio iniziale (in cui echi sonori quasi impressionistici sembrano ondeggiare armonicamente tra Debussy e Ravel) al coro «O Salvatore, apri le porte del Paradiso» (dove l'impeto quasi tellurico delle masse vocali e strumentali oscilla tra i Carmina burana di Carl Orff e le creazioni "planetarie" di Gustav Holst), dall'articolata scena «Quando Cristo è venuto alla luce» (di forte temperie wagneriana) al roboante episodio finale «Si alzi a Dio il mio canto di ringraziamento» (con la sua impronta sinfonica a metà strada fra Liszt e Bruckner).
Come spesso capita, però, questa sorta di metodo contabile della "partita doppia" tende a non rendere pienamente giustizia della reale statura artistica di un musicista, perché nel caso specifico dell'Oratorio di Natale di Wetz ci vogliono originalità e abilità anche nell'operare una sintesi – vincente – tra istanze compositive così differenti, come emerge chiaramente dall'incisione discografica realizzata dal soprano Marietta Zumbült, dal baritono Máté Sólyom-Nagy, dalla compagine del Dombergchor di Erfurt e dalla Thüringisches Kammerorchester di Weimar diretti da Gorge Alexander Albrecht (cd pubblicato da Cpo e distribuito da Sound and Music).
E se i testi scelti dallo stesso autore – tratti da antichi poemi tedeschi – si riferiscono solo indirettamente ai Libri delle Sacre Scritture e allontanano l'opera da una vera e propria destinazione liturgica, la forza d'impatto dell'oratorio è rappresentata dalla sua alta valenza drammaturgica, sprigionata da un caleidoscopio di legami e contrasti che porta l'evento della nascita di Gesù al di fuori del tempo e di qualsiasi stile musicale.