Jannik Sinner, dopo una serie impressionante di vittorie, non solo perde, ma il suo gesto dell’ombrello fa il giro del mondo! Sembrerebbe l’incipit di una delle – purtroppo tante – brutte storie di sport cui la cronaca quotidianamente ci abitua. E invece no. Per una volta è il contrario, anzi è l’ennesima dimostrazione del talento, dell’intelligenza e anche della signorilità di un campione che ormai è entrato definitivamente nel cuore degli italiani. Ed è bello scriverne – siamo certi che Jannik Sinner capirà – dopo una sconfitta. Perché la retorica dello sport – non solo a oggi, ma si potrebbe dire da Pindaro in poi – si fonda sulla beatificazione dell’eroe vincente. Fra Achille ed Ettore lo sport sta praticamente sempre dalla parte di Achille, mentre dell’eroe perdente interessa poco, della bella sconfitta ancora meno. Eppure, anche in questo caso, Jannik si conferma un’ennesima specialissima eccezione. Il gesto dell’ombrello non è quello che si potrebbe pensare e che abbiamo visto spesso, come nervosa risposta o come poco rispettoso sfottò su altri campi sportivi, ma è stato proprio quello di reggere l’ombrello, diventato necessario durante un acquazzone nel corso della semifinale al torneo di Indians Wells con Carlos Alcaraz. Di solito quel compito spetta alla raccattapalle che, in quel modo, protegge il campione di turno, ma in questa occasione Jannik, con la naturalezza di un gentleman, è stato lui a ospitare lei sotto l’ombrello, a chiacchierare amabilmente come due passanti in attesa del tram sorpresi dal temporale. Jannik, dopo quel temporale, la partita l’ha persa, rendendo vano il suo obiettivo di arrivare in finale e rinviando quello di scavalcare proprio Alcaraz nella classifica Atp. Con la stessa naturalezza con cui aveva retto l’ombrello si è presentato ai giornalisti, non ha cercato minimamente scuse rispetto a un possibile (e peraltro reale) problema al polso, dicendo: «Alcaraz ha giocato meglio di me tutti i punti decisivi e ha meritato di vincere», e poi ha fatto una disamina tecnica molto puntuale concludendo che «nello sport o vinci o impari» e snocciolando le cose “imparate”, ovvero quelle che diventeranno obiettivo dei suoi allenamenti da qui al prossimo torneo di Miami. A questo ragazzo sembra davvero piaccia più l’allenamento che la partita, più il viaggio della destinazione. Sembra che non abbia fretta di diventare il n.1 al mondo, perché passare ore sul campo di allenamento a migliorare tutto ciò che è possibile migliorare sia la cosa che davvero gli interessa. Sembra che sia giustamente felice quando arriva un risultato importante, ma sembra curioso e capace di analizzare le (poche) occasioni di sconfitta perché gli permettono di migliorare sé stesso. Sembra davvero che non veda l’ora di tornare ad allenarsi, come se quello fosse davvero l’ambiente che lo fa star meglio. In un mondo che, ovunque, cerca scorciatoie per arrivare al successo, Sinner sceglie la strada più lenta e senza dubbio più faticosa, dell’allenamento che così tanto ha a che fare con l’insegnamento. Che fortuna per i suoi allenatori, e che bella lezione quel “O vinci o impari” che è davvero il mantra di Sinner. Perché vincere è bello, anzi bellissimo, ma imparare... di più!
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