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L'olio d'autore vince nel mondo

Andrea Zaghi sabato 20 maggio 2006
 L'olio italiano vince sui mercati mondiali. È il successo di un prodotto nostrano che conquista il mondo anche senza beneficiare della storia paludata dei grandi vini. Eppure, la situazione è ormai chiara: anche su questo prodotto qualità, ricercatezza, differenziazione del mercato stanno facendosi largo. Creando un giro d'affari di oltre 650 milioni di euro.Inquadrando il mercato ' che è poi la parte della filiera che deve orientare il resto ' la fotografia che può essere scattata delinea un settore notevolmente diverso da quello di qualche anno fa. Stando ai dati di Unaprol (la più rappresentava organizzazione degli olivicoltori italiani) nel 2005 la domanda di olio di oliva si è estremamente diversificata.  Anche dal punto di vista del prezzo. È possibile quindi trovare quotazioni che vanno da poco più di 3 euro al litro per il cosiddetto extravergine di base, agli oltre 8 per quello Dop e Igp. «Siamo di fronte ' spiegano poi i tecnici di Unparol - ad un consumatore più esigente e più evoluto che è disposto a spendere di più in cambio di un prodotto che offra determinate garanzie di tracciabilità e di sicurezza alimentare». Una situazione distante anni luce da quella di solamente 3-4 anni fa e ancora più lontana da quella che scatenò la ormai famosa «guerra dell'olio» per ottenere dalla Ue etichette chiare e fedeli al prodotto. Ma le indicazioni analitiche che arrivano da questo comparto non finiscono qui. La produzione e il commercio di olio di oliva, infatti, sono sempre più globalizzate. Bastano due dati per capire. La produzione media nazionale si attesta sulle 600mila tonnellate all'anno, mentre il consumo interno sfiora le 800mila tonnellate. La conclusione, quindi, è chiara: siamo costretti ad importare prodotto dall'estero per soddisfare la sola domanda del consumo interno. Una situazione delicata, che obbliga ad una forte attenzione dal punto di vita dell'origine del prodotto. D'altra parte, per contro, la domanda di olio di oliva targato 'made in Italy', continua ad indicare sensibili margini di crescita in Stati Uniti, Canada, Germania, mentre, per la prima volta si affaccia tra i paesi nuovi consumatori la Cina. È da tenere presente che tutto questo successo arriva da circa 6000 frantoi, in buona parte non industriali.Ma quali possono essere le «morali» di questa situazione? Una è già stata detta. È possibile vincere sui mercati anche senza grandi e nobili tradizioni alle spalle. Basta riuscire a dare qualità certa al consumatore per essere premiati. È necessario, naturalmente, anche saper padroneggiare strumenti ormai irrinunciabili del commercio come la logistica, la continuità delle forniture, la comunicazione e la pubblicità. Esiste però anche un altro punto da non sottovalutare. Il successo non deve far tralasciare proprio l'attenzione alla cura produzione stessa. Gli esempi di falsi oli italiani circolano già abbondantemente nel mondo. Peggio ancora sarebbe far circolare cattivi ma veri oli nostrani.