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L’odore del piombo

Alberto Caprotti mercoledì 9 ottobre 2024
L’odore del piombo in realtà è una sensazione fusa e diffusa. E per me è un ricordo che ho nel naso, e anche nella testa. Me lo sono stampato dal giorno in cui accompagnai mio padre a vedere la sua tipografia. C’era fumo denso di sigarette e rumore sordo, era un antro popolato da gente in camice scuro, dominato da quelli che per me bambino sembravano mostri giganteschi, orchi di acciaio che creavano righe di piombo e producevano barrette con i testi degli articoli fuse secondo la “giustezza”, la larghezza delle colonne di giornale, in quegli anni quasi sempre nove. Si chiamavano linotype e come quasi tutte le cose affascinanti, oggi non esistono più. È stato un privilegio veder muovere i loro ingranaggi infernali, figli di un lavoro che non sarà mai replicato così. C’erano operai a farle funzionare quelle linotype, minuziosi come scienziati: battevano su tastiere immense a 90 tasti, alte e quasi verticali: componevano nel piombo gli articoli allineando caratteri che mossi dalle loro dita da pianisti callosi piovevano dall’alto per finire magicamente allineati in lingottini, poi in righe e infine in pagine intere, pronte per essere allagate d’inchiostro. Non esistono più le linotype. E mi spiace per chi non le ha mai viste, perché si sono persi il mondo che generavano: nero di inchiostro, grasso di fatica, sporco di vita. © riproduzione riservata