Dobbiamo scoprire la grammatica della compassione, l'arte della clemenza, la via quotidiana della bontà. È vero che possiamo reagire: "Io non voglio essere troppo buono; mi farebbe correre il rischio di essere imbrogliato da quelli che dicono di essere nel bisogno quando non è vero". Ma chi siamo noi per giudicare gli altri? Di gente che giudica in continuazione ce n'è già troppa. Persone venute da chissà dove e convinte di avere visto tutto; che senza ascoltare hanno già emesso il verdetto di condanna. Ben più rari sono quelli disponibili ad amare, a guardare senza pregiudizi e in modo generoso e disinteressato. Ciò che ci trasforma, non dubitiamone, è l'esperienza dell'amore. Ricordo una donna che ho conosciuto diversi anni fa, tedesca, che faceva l'elemosina a chiunque gliela chiedesse. Penso spesso a lei. Sicuramente sapeva di essere spesso imbrogliata, ma quando le chiedevano, dava. E questo gesto che pare insensato salva il mondo. L'insensatezza di quella donna riempie d'amore il mondo più di tutti gli espedienti di una saggezza che facilmente si trasforma in trincea per difenderci dall'incontro con la vulnerabilità, nostra e altrui. Se ameremo solo coloro che a nostro giudizio lo meritano, il mondo non verrà contaminato da Dio. È magnifica e ispiratrice l'immagine ripetuta da Gesù: «Dio fa sorgere il suo sole sui cattivi e sui buoni».