Il film Sacrificio è il testamento cinematografico e spirituale di Andrej Tarkovskij. La cultura contemporanea non capisce il sacrificio e ciò le impedisce di comprendere il dono e l'amore, e di avvicinarsi a Dio. Ma, come ricorda il maestro russo, «un regalo è sempre un sacrificio, sennò che regalo sarebbe?». In effetti, quando si fonda l'esistenza su di un consumismo cieco o un materialismo pragmatico, l'unica logica che rimane è quella dell'accumulo, dell'asimmetria e del potere. Il traffico esagerato di beni ci offusca la visione del Bene. Il suo effetto più drammatico in noi è l'incapacità di dare e ricevere la vita. Tutti i legami divengono insignificanti. Ogni gratuità, impossibile. Tutte le strade portano ossessivamente a noi stessi e alle deliranti rivendicazioni del nostro io. Per questo, come si dice a un certo punto nel film, il peccato forse va definito come ciò che non è necessario. Se così stanno le cose, la nostra civilizzazione è in gran parte fondata sul peccato. C'è chi accusa Tarkovskij di essere un metafisico pessimista nei riguardi del mondo contemporaneo. Comunque sia, è con una domanda e non con una condanna, quella che il regista ci lascia. La domanda formulata da un bambino: «In principio era il Verbo: perché, papà?».