L'incontro imprevisto con le vite degli altri
Taglio. È il 7 gennaio. L'unica cosa colorata che abbiamo sono i cambi di regioni dettati dai dpcm. Fa freddo, tanto. Non sono freddoloso, ma tanti giorni di pioggia misti a freddo umido-pungente faccio fatica a ricordarli negli ultimi vent'anni. Mi avvio lentamente alla camera mortuaria con gli occhiali che si appannano di commozione. E per colpa della mascherina che indosso. Imbocco il vialetto silenzioso, e lentamente, passo dopo passo, comincio a scorgere figure conosciute e familiari. Siamo venuti tutti a salutare Mauro.
Lo conoscevo da pochi anni, ma di lui mi hanno colpito i suoi novantadue anni conditi di barzellette in salsa toscana, la dignità dei suoi silenzi, i suoi occhi che si illuminavano ai racconti di un tempo che fu. Poche cose, ma di quelle che ti rimangono di una persona. Al saluto prima della funzione vedo entrare Pio, con un fiore giallo e uno rosso in mano. Chiede di posarli accanto a Mauro e gli bisbiglia qualcosa. Lì per lì non lo riconosco e mi chiedo chi sia. Alcuni lo scambiano per un mendicante in cerca di qualche spicciolo. In chiesa, durante il saluto a Mauro, Pio impugna una chitarra e comincia a cantare. È commosso e pieno di tutto. La chiesa grigia di tristezza per un attimo si colora, come fosse un sorriso di Mauro che ci saluta.