Certo, appare quasi un paradosso ma è invece la pura realtà: ci vuole “buona” acqua per fare buon vino. Perché sempre di più il destino del vino italiano (e non solo di quello) è legato all’acqua e alla sua disponibilità. Ed è un problema perché, anche se in queste ore piove su buona parte dello Stivale, negli ultimi tempi gli effetti del cambiamento climatico e della siccità in particolare si sono fatti sentire pesantemente sulle vigne nostrane. Con tutte le conseguenze del caso, anche per quanto riguarda l’economia.
A ribadire, anche dal punto di vista scientifico, l’importanza della questione è stato pochi giorni fa Andrea Rinaldo, professore di idrologia e vincitore dello Stockholm Water Prize, il cosiddetto “premio Nobel” per l’acqua. “Le temperature aumentano da anni, ed i problemi di siccità che si sono visti soprattutto nel Nord Italia si ripeteranno, non c’è nulla da fare» ha dichiarato il ricercatore a winenews.it, agenzia dedicata al vasto sistema della vitivinicoltura. Rinaldo ha precisato: «Se nel 2023 la vendemmia è stata caratterizzata da problemi di malattie portate da funghi, come la peronospora, favorita dalle abbondanti piogge primaverili, la tendenza parla chiaro: anche la vitivinicoltura dovrà fare i conti con la siccità». E anzi di più: «Parlando di vino, la siccità è stata importante in questi anni e si ripeterà senz’altro». Lo stesso poi ha precisato: «È un tema che va affrontato, con una nuova educazione civica in materia, che manca, risparmiando acqua, ripensando la difesa idraulica. La scienza dice che servirà tutto questo, inutile girarsi dall’altra parte».
In attesa che questa nuova educazione civica si faccia strada, accompagnata da adeguate tecniche e da una corposa ricerca scientifica, per capire meglio basta tornare agli ultimi conti.
Stando alle stime dell’organizzazione mondiale della vite e del vino (Oiv), in tutto il mondo la produzione di vino sarebbe arrivata a circa 244 milioni di ettolitri: il livello più basso degli ultimi 60 anni. Un tracollo globale di circa il 7% rispetto alla vendemmia 2022 con situazioni ancora peggiori come quelle registrate in Australia, Argentina, Cile, Sud africa e Brasile. In Italia, il taglio è stato del 12% circa per una produzione attorno ai 44 milioni di ettolitri.
Certo, è necessario esser chiari: non tutto è dovuto alla mancanza d’acqua quanto, piuttosto, al suo apporto completamente squilibrato rispetto alle esigenze delle piante e all’equilibrio generale dei campi e delle vigne. Inverni secchissimi e primavere piovosissime, piogge torrenziali e grandinate devastanti hanno di fatto scombussolato più di una vigna, apportato acqua quando non occorreva, creato il terreno ideale per le malattie e ostacolato più di un’operazione in campo.
Innovazione e ricerca appaiono sempre di più, così, le strade da percorrere per arrivare a risposte in campo adeguate. Senza dire dell’organizzazione delle lavorazioni e degli interventi in campo che devono coniugare difesa delle piante, strattoni del clima e buona qualità del prodotto finale.
Nuove sfide, in altre parole, per un settore che vale miliardi e che rappresenta da decenni ormai uno dei cavalli di battaglia per tutto l’agroalimentare nazionale.
© riproduzione riservata