L'Inail rimane fuori da conventi e monasteri
L'assicurazione non si applica ad alcune categorie, e fra queste – specifica l'Inail – sono compresi i religiosi e le religiose perché non fanno parte di un nucleo familiare. Per essi pesa il riferimento alla “famiglia anagrafica”, come è definita da un decreto del 2019 (“insieme di persone legate da vincoli affettivi con coabitazione e dimora abituale nello stesso Comune”), che oggettivamente esclude la tipologia delle case religiose. In realtà alcune modalità di vita consacrata hanno superato la convivenza ristretta nei conventi e nei monasteri. Sono presenti oggi anche forme di vita religiosa, debitamente autorizzate, i cui membri, come una famiglia, risiedono in appartamenti o in alloggi per essere più vicini e testimoni per l'uomo contemporaneo.
Dunque in senso stretto l'esclusione dei religiosi dall'assicurazione per infortuni in ambiente domestico, solo perché gli interessati non costituiscono una famiglia anagrafica, appare limitativa e motivo anche di alcune ambiguità.
L'esclusione Inail è invece del tutto naturale perché il rischio infortuni, per il quale si viene in genere assicurati, è in realtà assente per i religiosi. La tutela della loro salute, in tutte le sue espressioni, è garantita infatti dall'Ente religioso senza limiti di età, di tempo o di importi, come espressione del vincolo di vita in comune. Questo non impedisce tuttavia all'Ente di stipulare un'eventuale polizza sanitaria privata. Ed è la condizione di assenza del rischio che esclude i religiosi anche dall'assicurazione per vecchiaia e invalidità dell'Inps. I relativi contributi sono invece obbligatori per i religiosi che svolgono un lavoro retribuito alle dipendenze di terzi (esclusi gli enti ecclesiastici) anche se le modalità e la loro retribuzione sono concordati direttamente con l'Ordine degli interessati.