In America Latina non esiste spazio urbano senza periferie; si dice che vi abiti 1 persona su 4. Camminando per le principali città è facile rendersi conto che esse dipingono paesaggi con evidenti disuguaglianze. Ogni giorno crescono in modo esponenziale e non pianificato attraverso insediamenti informali, non solo in condizioni precarie, insalubri e pericolose, ma anche in assenza di servizi di base e senza la sicurezza di avere una terra propria. Alcuni analisti sostengono che questo sia il modo dominante di produrre la città latinoamericana contemporanea, e non più un'eccezione. Le cause principali sono un sistema politico inefficiente, la violenza territoriale e il degrado ambientale, soprattutto, nelle campagne. Queste problematiche portano le comunità a spostarsi o a migrare in cerca di condizioni di vita migliori. Certamente, una volta arrivate in città, gli alti costi rendono gli immobili e i quartieri migliori inaccessibili. Così le persone si scambiano terra e diritti di proprietà, indipendentemente dal loro status giuridico, come modo per accedere a un posto dove vivere e legittimare il loro diritto alla città. Dato che la persona è un corpo, ha bisogno di un posto dove vivere, di un pezzo di terra per avere un tetto e di un lavoro per la sostenersi, si cercano spazi dove ci sono, qui ed ora. In questo senso, papa Francesco da alcuni anni ci ricorda che “Terra, Tetto e Lavoro” sono diritti sacri per il popolo e che è importante accompagnare queste rivendicazioni di fronte a sistemi ingiusti. Poiché «tutti gli impegni che scaturiscono dalla Dottrina sociale della Chiesa provengono dalla carità che, secondo l'insegnamento di Gesù, è la sintesi di tutta la Legge (cfr. Mt 22,36-40), Ciò significa riconoscere che l'amore, ricco di piccoli gesti di cura reciproca, è anche civile e politico, e si manifesta in tutte le azioni che cercano di costruire un mondo migliore» (Fratelli tutti, 181). Pertanto, vale la pena camminare nella storia seminando cambiamenti affinché la vita sia dignitosa per tutti. La proposta di Francesco è quella di promuovere la missione di “Terra, Tetto e Lavoro” per attivare la solidarietà e la sussidiarietà nella costruzione del bene comune e rivitalizzare così le democrazie. Va notato che la gestione delle città richiede la formulazione e l'attuazione di politiche pubbliche di regolarizzazione e proprietà fondiaria. Questa è una sfida per i governi nazionali e regionali, che sono chiamati a concordare spazi di dialogo per lavorare fianco a fianco con le proposte e le richieste provenienti dalle comunità. In questo modo, sarà possibile promuovere e attuare programmi di pianificazione strategica efficaci in tutti i settori. In questa linea, gli Obiettivi di sviluppo del millennio, che hanno stabilito traguardi per la regolarizzazione e il miglioramento della qualità della vita degli abitanti, si sono concretizzati nella proposta di città inclusive. Da parte loro, le comunità che abitano questi spazi mettono in discussione l'informalità e si inventano un habitat attraverso loro modo di essere, il lavoro, i saperi, l'organizzazione sociale, le alleanze, la partecipazione e la capacità di dialogo con le istituzioni pubbliche e private, superando ostacoli apparentemente insormontabili. Di fatto, costruiscono processi sociali solidi, capaci di mettere in discussione i modelli egemonici. Inoltre, non si vedono come semplici consumatori di spazi, ma come attori responsabili, che coltivano l'arte di costruire comunità. Tutti hanno il diritto di vivere, in città come in campagna, stabilendo relazioni di convivenza e spazi comunitari che arricchiscono la creazione del tessuto sociale. L'arte di abitare il territorio si concretizza nella capacità di appropriarsi degli spazi, di trasformarli, di dare loro un senso, di creare biografie che lascino una memoria negli spazi abitati e di rendere i luoghi inospitali in luoghi abitabili dove la vita fiorisce.
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