«Luna rossa lassù, mare azzurro quaggiù, that's amore! Pizze calde e babà, vino in gran quantità, that's amore!", cantava Dean Martin (Dino Paul Crocetti, all'anagrafe) nel 1953, e quella tarantellata dichiarazione d'amore a Napoli è ancora nell'orecchio di molti. Stefano Telve, docente di Linguistica italiana all'Università della Tuscia, ha intitolato proprio
That's amore! la sua ricerca sulla lingua italiana nella musica leggera straniera, mettendo in copertina il ritratto di un Dean Martin contento di sorridere (Il Mulino, pp. 264, euro 18). Il libro, documentatissimo, è anche una storia della musica italiana nel mondo, ricca di curiosità. Tutto nasce, evidentemente, dall'opera lirica e dai grandi tenori che si cimentarono nel repertorio leggero, soprattutto napoletano, da Caruso a Schipa, a Gigli, fino a Bocelli, e passando per Claudio Villa. I grandi cantanti italiani come Mina, Ornella Vanoni, Eros Ramazzotti sono ben noti all'estero, sulla strada aperta nel 1958 dal successo planetario di Domenico Modugno col suo chagalliano
Nel blu dipinto di blu. E sono moltissimi gli interpreti internazionali che eseguono canzoni italiane o cantano in italiano, come Net King Cole, Perry Como, Dalida, Connie Francis, Elvis Presley, Udo Jürgen, Françoise Hardy, Charles Aznavour, Neil Sedaka, Paul Anka. Non mancano fenomeni di cantanti italiani più noti all'estero che in Italia, come Gilda Mignonette, la "Regina degli emigranti", che nei primi decenni del secolo scorso deliziò gli italiani d'America dapprima con il repertorio napoletano, e poi iniziando a cantare in italiano. Singolare anche il caso del gruppo "Il Divo" (composto da quattro cantanti lirico-pop, nessuno dei quali italiano) che ha scalato le classifiche discografiche internazionali con il brano
Nella fantasia, sul tema musicale di Ennio Morricone per il film Mission. Le parole italiane più ricorrenti in testi di altre lingue, oltre agli inevitabili amore, ciao, arrivederci, bella, dolce vita, pizza, grazie, bacio, cappuccino, sono le interiezioni scurrili, che raggiungono il vertice in una canzone della giapponese Kahimi Karie, tutta in italiano, che contiene un vero catalogo di volgarità. Il titolo del tormentone di Elvis Presley e Little Richard,
Tutti frutti, indicava in inglese la marmellata di frutta mista, ma negli anni '60 assunse nello slang degli afroamericani l'accezione di omosessuale (bisogna stare bene attenti al significato quando si usano le parole). Accanto ai fenomeni Bocelli, Pausini, Ramazzotti, in buona posizione internazionale è Tiziano Ferro, soprattutto in Germania e nei Paesi scandinavi. Un discorso a parte meriterebbe l'Eurofestival, iniziato a Lugano nel 1956 e tuttora in servizio con varie denominazioni. L'Italia vi ha partecipato con una certa svogliatezza televisiva, totalizzando però due vittorie: nel 1964 con Gigliola Cinquetti (
Non ho l'età) e nel 1990 con Toto Cutugno (
Insieme). Al terzo posto si sono classificati Domenico Modugno (1958), Emilio Pericoli (1963), Wess e Dori Ghezzi (1975), Umberto Tozzi e Raf (1987). Gigliola Cinquetti è arrivata seconda nel 1974 con
Sì, come è avvenuto nel 2011 (gradita sorpresa) con il jazzista Raphael Gualazzi che ha eseguito, alternando strofe in italiano e in inglese,
Madness of love, vincitrice nella sezione "nuove proposte" del precedente Festival di Sanremo. In complesso la musica leggera italiana all'estero gode di buona salute e di rispetto, e il meticoloso repertorio stilato da Stefano Telve ne è prova documentale.