L'export agroalimentare vola: +7% annuo. Per il 2020 obiettivo 50 miliardi
I numeri comunque sono dalla nostra parte. Il ministero ha rilevato come ad aumentare di più sono state le esportazioni verso Paesi importanti come la Russia (+24%), la Cina (+14,8%) e Francia (+8%) e come dal 2014 ad oggi siano molti i mercati aperti grazie ad accordi che hanno eliminato le barriere all'entrata dei nostri prodotti. In ogni caso, quasi i due terzi delle esportazioni agroalimentare (26,7 miliardi) interessano i Paesi dell'Unione europea, ma gli Stati Uniti con 4,03 miliardi di euro sono di gran lunga il principale mercato per l'agroalimentare italiano fuori dai confini dall'Unione e il terzo in termini generali dopo Germania e Francia e prima della Gran Bretagna. Con tutto quello che una situazione di questo genere comporta in termini di concorrenza (più o meno sleale), oltre che di strategie e investimenti commerciali.
Per questo, con ragione, i coltivatori diretti insistono ancora sulla difesa delle nostre produzioni rispetto ai colpi bassi dei falsi prodotti agroalimentari italiani (che pare valgano da soli qualcosa come 60 miliardi di euro). Coldiretti in particolare, insiste sul fatto che il fenomeno sarebbe «legittimato dai recenti accordi internazionali sul libero scambio, dal Canada (Ceta) al Giappone fino ai Paesi del Sudamerica (Mercosur) che autorizzano la produzione di Parmesan dagli occhi a mandorla, di Parmesao carioca ed altre brutte copie dei marchi storici del made in Italy alimentare». Un fatto per i coltivatori inaccettabile. Al quale si aggiunge anche dell'altro. Secondo Confagricoltura, per esempio, accanto agli ottimi risultati delle vendite agroalimentari occorre anche porre «la contestuale crescita delle importazioni» che, detto in altre parole, significa secondo questa organizzazione agricola l'accentuazione del ruolo dell'Italia come Paese trasformatore agroalimentare.
Insomma, abbiamo per le mani un grande tesoro che tutti ci invidiano e possiamo renderlo ancora più grande. Sta a noi farlo.