Per un insegnante ritrovare all’estero, dopo tanti anni, un ex studente, è una delle emozioni più intense. A me capitò a Colonia, a due passi dal nucleo urbano accartocciato sul Reno gonfio e solenne, vecchio e moderno, nobile e popolare, pieno di pizzerie italiane. Ero uscito dal Duomo, stavo pensando al Treno era in orario, indimenticabile esordio di Heinrich Böll, lo scrittore più di ogni altro legato a questa città, ma anche alla meravigliosa Maddalena di Lucas Cranach, appena ammirata nel vicino museo d’arte, quando fui chiamato per nome. Era Giovanni, io non lo avrei mai riconosciuto, il volto pulito, senza più brufoli, i lunghi capelli trasformati in cordicelle stoppose stile rasta che uscivano dalla fascia legata intorno alla fronte come fulmini di un cartoon interstellare; sotto il labbro inferiore, proprio sul mento, portava un piercing. Che fai qui? E lui ridendo: «Er meccanico, professò». Il romanesco, dissi dentro di me, ci stava bene in questa contrada fondata dall’Urbe imperitura. Scambiammo qualche battuta ritrovando al volo la confidenza di un tempo. Non avremmo mai voluto separarci. Mi resta negli occhi la sua espressione ammiccante, un perpetuo doppio senso, una continua allusione a un pezzo di vita che avevamo condiviso e che adesso per sempre si staccava da noi.
© riproduzione riservata