Le imprese agricole italiane registrate presso le Camere di Commercio sono meno di 800mila. Il dato indica chiaramente com'è cambiato e come sta cambiando la struttura della produzione agricola del Paese. Si tratta di un comparto ancora alle prese con problemi atavici, ma che al contempo ha preso possesso con efficacia di nuove forme di produzione che ne fanno uno dei settori più in vista dell'intera economia. Non è una situazione "a luci e ombre" quella che i campi italiani stanno vivendo, ma una trasformazione che vale la pena osservare e che sconta, stando ai numeri, ancora molti svantaggi competitivi.A scattare la fotografia è stato il Centro studi di Confagricoltura elaborando dei dati Infocamere-Movimprese. Le imprese agricole registrate ad oggi sono infatti 795mila, in calo del 2,4% rispetto allo scorso anno. Dal 2000 sono uscite dal registro camerale 255mila imprese circa, con una contrazione del 24,3%. Confagri sottolinea la dinamica delle forme del fare impresa in agricoltura che conferma - spiegano - la tendenza già evidenziata negli ultimi anni. Le società di capitali che lavorano in agricoltura hanno superato le 13mila unità (+5,5% rispetto allo scorso anno, +68,9% nel periodo 2000/2012). E crescono, anche se solo dell'1,6% negli ultimi dodici mesi, le società di persone (+12,4 nel 2000-2012). Secondo l'organizzazione, «il calo del numero complessivo delle imprese, di fatto è tutto attribuibile alla scomparsa delle ditte individuali, che sono diminuite in valore assoluto di 21mila soggetti». Certo - occorre sottolinearlo - ad operare in agricoltura possono anche essere altri soggetti, e in ogni caso il settore continua ad avere una forte variabilità d'impresa e produttiva che dipende dai singoli territori. Ma quanto registrato dalle Camere di commercio deve far pensare.Così come è importante ragionare - come ha fatto Coldiretti - sulla dinamica dei prezzi agricoli confrontata con quella delle quotazioni del resto dei comparti. Con un incremento medio del 2,1% nel 2012, infatti, i prezzi agricoli sono cresciuti meno di quelli industriali e molto meno dell'inflazione. Il divario non è grandissimo, ma c'è. I prezzi industriali sono cresciuti del 2,4%. Di contro, l'indice di quelli agricoli deriva da una crescita del 2,9% nel comparto delle coltivazioni vegetali e dell'1,1% nell'aggregato dell'allevamento. Tutto mentre è stato riscontrato anche un forte aumento dei costi di produzione.Se quindi, da un lato, l'agricoltura parrebbe esplorare nuove strade in termini di assetti societari prevalenti, dall'altro il settore conserva alcuni dei suoi connotati più problematici come quello, appunto, della difficoltà a recuperare valore aggiunto lungo la catena produttiva che porta gli alimenti dai campi e dalle stalle sulle tavole. Questo senza contare la quasi giornaliera battaglia che gli agricoltori sostengono per far quadrare costi che crescono spesso più dei ricavi.