Una sociologia critica della cultura definirebbe l'“evento” come un involucro acchiappatutto che di solito contiene poco: o meno di quello che promette, o una cosa già nota e risaputa, o infine una cosa che col titolo non c'entra niente. A Firenze, per esempio, la mostra-evento di Palazzo Strozzi ha come titolo Nascita di una nazione e il contenuto sono tre artisti: Renato Guttuso, Lucio Fontana, Mario Schifano. Perché questi tre artisti siano accostati fra loro e a qualcosa come la nascita di una nazione è certamente poco chiaro, ma l'“evento” lo esige e lo impone. L'involucro, per avere risonanza, deve risuonare, non importa come. Il titolo dell'evento vale di per sé e ha soprattutto valore pubblicitario. È come chiamare “Risveglio” una scatola di biscotti o “Conversione” l'ultimo modello di auto. L'evento, ciò che “fa evento”, deve avere o proporsi di avere un pubblico di massa sia come scopo che come contenuto. O meglio, il vero contenuto di un evento culturale è il fatto di attirare una folla di visitatori, lettori, acquirenti. Se questo non avviene, non c'è evento. Il peggio è però altrove. Si investe in cultura perché ci sia evento e si è diffusa politicamente l'idea che se non c'è evento non c'è cultura, quindi non si investe, non si spende in cultura. Le buone biblioteche di quartiere, i bei libri, la cura di un parco pubblico o di una piazza storica non sono eventi: dunque non sono cultura? In letteratura l'evento coincide con il best seller, ovviamente il best seller narrativo. La poesia, genere letterario che fu culturalmente centrale almeno fino a Ungaretti, Montale e Pasolini (o a Brecht e Ginsberg), ora non fa né evento né notizia. L'ultima volta che fece evento fu alla fine degli anni Settanta sulla spiaggia romana di Castelporziano dove il pubblico prese d'assalto il palco dei poeti e se ne impadronì facendolo crollare. In quel pubblico tutti si sentivano poeti, cioè non sopportavano l'esistenza dei poeti, il fatto cioè che fossero distinguibili da chiunque altro. Oggi succede qualcosa? Chi volesse sapere, al di là di ogni evento, che cosa è successo di buono nella poesia dell'ultimo anno, dovrebbe leggere Poesie italiane 2017 scelte da Roberto Galaverni per le edizioni Elliot (pagine 96, euro 15,00). Galaverni è riuscito a scegliere novanta pagine di belle o interessanti poesie italiane scritte da più di quaranta poeti. Anche se forse non tutti i quaranta autori sono veri poeti, cioè autori di veri libri di poesia, le poesie scelte da Galaverni sono vere poesie, cioè poesie che dicono qualcosa. Possono essere lette, muovono il linguaggio, lo risvegliano, lo sorprendono. Ci sorprendono. Non sarà questo un evento?