L'Europa mai amica
nel Frignano, Appennino modenese, affrontando la Serie C e un lungo viaggio attraverso l'Italia, prima di trovare con il Palermo e la Fiorentina la sua affermazione e un posto fisso da bomber azzurro. Bellissima, la conclusione del viaggio continentale, meritati gli applausi, viva Donadoni. Ma adesso svegliamoci... Ci siamo qualificati per l'Europeo, non l'abbiamo vinto.
È vero che intorno alla Nazionale aleggia ancora lo spirito Mondiale e in questo clima rasserenato, allontanata la tempesta, odo augelli far festa: ma se questa è pur vera gloria, varrà la pena meditare sul fatto che il torneo continentale ci aspetta come sempre minaccioso. Al punto che, dopo averlo vinto con fatica nel '68 (ci volle la monetina scelta da Facchetti per battere la Russia, a Napoli, e una doppia finale per far fuori la Jugoslavia, a Roma) le ripetute sconfitte ci fecero dire che la coppa
Henry Delaunay era per noi «maledetta».
Ripercorro con la memoria le numerose cadute che coinvolsero tanti allenatori di qualità, a partire dal vittorioso del '68, Ferruccio Valcareggi, fatto fuori nel '72 in Belgio dagli ostici padroni di casa, annuncio della débâcle mondiale del '74 a Stoccarda. Nel '76 toccò all'Olanda eliminare la Nazionale di Bernardini e Bearzot; nell'80 il
Vecio subì l'eliminazione nell'Europeo in casa grazie al catenaccio e al fuorigioco ossessivo del Belgio e non riuscì a raggiungere la fase finale nell'84, lasciando punti anche a Cipro (lì nacque il feroce fronte critico nei suoi confronti). E ancora nell'88 amarissima Stoccarda-bis in semifinale con l'URSS per Azeglio Vicini, che non seppe far meglio nel 1992 nonostante la staffetta con Arrigo Sacchi, subentrato alle ultime battute, e a sua volta beffato dalla Repubblica Ceca in Inghilterra nel '96.
Un calvario, insomma, che diventò ancor più crudele quando l'Italia, guidata in panchina da Zoff, perse la finale in Francia con il golden gol di Trezeguet. Un velo pietoso, infine, sulla Nazionale di Trapattoni che nel 2004, in Portogallo, finì malamente fra sputazzi e polemiche per incapacità propria e un gol capolavoro dello "svedese" Ibrahimovic: alla resa
dei conti, ci restarono le lacrime di Cassano e gli insulti di Bobo Vieri.
Affido queste note dolenti a Roberto Donadoni, che saggiamente ha già preso le distanze dai festini, perché ne tenga conto nella preparazione del viaggio decisivo in Austria e Svizzera. Non è un problema il rinnovo del contratto: la Federcalcio, che stava per tradirlo con un Lippi-bis, dovrà onorare l'impegno; ma soprattutto proporgli un congruo numero di date per le amichevoli preparatorie, cosa sempre più difficile a causa di un torneo a venti squadre che ignora le necessità della Nazionale. Pensi piuttosto, Donadoni, a spendere bene quei cinque/sei posti disponibili nella rosa: ha ben operato da selezionatore, continui su questa strada, aspettando i frutti del campionato, qualche sorpresa da cogliere al volo. Buon lavoro...