"La grande prova di un governo minimo". Con questo titolo ieri in prima di "Repubblica" Francesco Merlo racconta questo governo "piccolo piccolo", "dimezzato", fatto da "mezze maniche", "mezze calzette" e "mezzi uomini, come diceva Sciascia". È solo l'inizio. Lui abita a Parigi, ma viene dalla terra dell'"eureka" di Archimede e della catarsi finale della tragedia greca, che tutto trasfigura. Perché per lui questo "governo minimo" ha davvero una chance: il suo "nemico". "Se si misura il governo dalla grandezza del suo nemico" se si considera la sproporzione" tutto cambia. Insomma: se il piccolo governo di mezze maniche e mezze calzette sconfigge il "grande nemico", allora diventa gigante. E chi è, il "grande nemico"? Ecco l'"eureka" di Merlo: è" il cardinale Ruini! Del quale lui sa tutto. Sa, per cominciare, che "Cristo non è con lui" - si sa: se Merlo non è d'accordo, neppure Gesù Cristo si azzarda, Ndr -, sa come è visto in Curia - male! -, sa che "i cattolici italiani non ne seguono indicazioni, moniti e fobie", e sa che è stato "il confessore di Prodi, e di moltissimi altri leader Dc, da Forlani ad Andreotti". Merlo non sa cosa vuol dire "confessore", ma è il meno. E allora? È la catarsi. Se Prodi sconfigge Ruini, e cioè vara i Dico, solo i Dico, sempre i Dico, è "la grande prova": il governo diventa "massimo", le "mezze calzette" si fanno stivali, le mezze maniche arrivano ai piedi, l'Italia è salva. Che dire? Poco. L'inizio del pezzo è questo: "Si sa che ai pittori di piccola statura si devon gli affreschi". Piccola statura, Merlo, ma il suo non pare un affresco. A Roma si direbbe "una frescaccia"!