L'Eterno e il tempo: se l'intellettuale spiazza il potere politico
La mostra consente plurime letture trasversali, che permettono al visitatore di verificare, ad esempio, l'evoluzione del sentimento religioso a partire dalla diversità degli stili delle “pietà” o delle “deposizioni”, connessa all'evoluzione della pietà popolare (tema su cui restano fondamentali gli scritti di Paolo Prodi, alla cui memoria, insieme a quella di Federico Zeri, la mostra è dedicata). Segnalo un altro di questi possibili fili rossi: emergono situazioni nelle quali gli artisti cinquecenteschi hanno finito per spiazzare la committenza, sia essa politica o politico-religiosa, presentando un prodotto in qualche misura differente rispetto all'intenzione e agli obiettivi del committente, ancorché “formalmente” rispondente ad essi. Se riflettiamo sulla circostanza che pittori e scultori costituivano, all'epoca, un segmento importante del mondo intellettuale, e in particolare di quella parte di esso che aveva stretti rapporti con il potere politico, ne emerge una relazione non appiattita tra l'intellettuale e il potere. L'artista immette la propria idea di giustizia, il proprio modo di connettere l'Eterno e il tempo.
Si tratta di un'indicazione che è bene tenere presente anche oggi, specie in queste settimane nelle quali si vanno organizzando gli staff governativi e dunque riproponendo forme di collaborazione tra tecnici – dunque tra intellettuali in senso lato – e mondo politico-istituzionale. Fermo restando il dovere di corretta e leale esecuzione degli indirizzi politici connesso alla natura di tali incarichi e al loro carattere fiduciario, ai titolari degli uffici di diretta collaborazione è forse possibile chiedere qualche cosa di più, e cioè amore di verità e capacità di rappresentare agli interlocutori istituzionali, se necessario “spiazzandoli”, una propria lettura del rapporto tra l'interesse permanente della collettività e delle persone (l'Eterno, in una prospettiva da credenti) e il tempo.