«L'Eroica», una poesia scritta con la bicicletta
L'Eroica è figlia delle passioni di un ragazzo che si chiama Giancarlo Brocci, e di quella eco ancora molto forte del duello sportivo del secolo scorso fra Bartali e Coppi che riempiva le sue giornate di bambino. Un'intera generazione raccontava di quella meravigliosa rivalità, narrava di quando quei due campioni avevano riscattato l'immagine dell'Italia nel mondo dopo una guerra disastrosa. Il ciclismo era lo sport popolare per eccellenza, il più seguito nel bar dove il bambino Giancarlo passava il tempo ad ascoltare gli adulti. Li sentiva raccontare di imprese incredibili, romantiche, epiche come quella famosa tappa del Giro d'Italia del 1949, la Cuneo-Pinerolo dove Coppi andò in fuga per 192 km, superando cinque colli alpini (Maddalena, Vars, Izoard, Monginevro e Sestriere). Arrivò primo al traguardo con un vantaggio di quasi dodici minuti su Bartali, mentre per aspettare gli ultimi si dovette far passare anche il tramonto.
Quella tappa diventò letteratura grazie al racconto che ne fece Dino Buzzati che descrisse «l'incanto del pedalare emerso dall'infernale fatica» e trasformò una giornata di sport in epica, avvicinando la figura di Achille a Coppi e quella di Ettore a Bartali. Tornando ai giorni nostri, solo una persona che sentiva ancora forte quella narrazione nelle orecchie e, altrettanto forte, il ricordo dei suoi testimoni, poteva inventarsi una cosa come L'Eroica. Giancarlo Brocci, diventato adulto, ha messo su una corsa cicloturistica, sì, ma con alcune caratteristiche che l'hanno resa famosa e amata in tutto il mondo. Si gareggia attraversando la provincia di Siena, le sue Crete e le sue strade bianche, il percorso prevede l'ascesa al Castello di Brolio, discese sui vigneti dei Ricasoli, passaggi per i borghi di Montalcino, Buonconvento, Asciano e così via. Insomma, si attraversa con la lentezza che solo la bicicletta sa regalare, un paesaggio di bellezza inaudita. Un'esplosione di meraviglia che i sensi amplificano grazie a un detonatore ormai raro: la fatica, capace di trasformarsi in medicina per i disagi del mondo di oggi.
Il popolo de L'Eroica, settemila esseri umani fra i quali domenica c'erano Luis Enrique, Piero Pelù e il settantacinquenne Felice Gimondi che proprio in questo modo ha festeggiato il suo compleanno: si è messo in moto alle cinque del mattino armato di bicicletta eroica, appunto, maglia di lana e lucina fissata sul casco o sul manubrio per farsi largo nelle tenebre e riscoprire il piacere dell'esperienza, la serenità del viaggio lento. L'Eroica è una poesia scritta con la bicicletta, un'idea romantica, quella di un ciclismo da eroi che un tempo contribuì a scrivere la storia di un Paese come l'Italia. È bello pensare che oggi qualcuno ci riprovi, con il più efficace degli strumenti: l'esempio. Serve tornare un po' indietro per andare avanti, per ritrovare la bellezza di certi gesti, salire su una bicicletta per niente leggera con una maglia di lana, puntare la sveglia presto come facevano Ettore-Bartali e Achille-Coppi. Chissà cosa avrebbe scritto Buzzati di questi ciclisti stanchi e felici di esserlo, capaci di mescolare l'acqua salata del sudore a quella di lacrime di emozione, di gioia, quelle che scendono quando si compie un'impresa. Non necessariamente vincere un titolo mondiale magari, semplicemente, superare il proprio limite.
Un applauso a quei settemila ciclisti qualunque, capaci di incominciare a pedalare proprio al manifestarsi dell'Aurora dalle dita di rosa, come cantava Omero. Epici anche loro, pur senza indossare la maglia rosa, ma capaci di un gesto che diventa metafora, esortazione, esempio: pedalare, pedalare, pedalare.