L'eremitismo come filosofia di vita? Sì, ma con garbo
Il libro suo migliore è certamente quello da cui è tratta la citazione iniziale, vale a dire Nelle foreste siberiane, apparso in Francia nel 2011 e in Italia l'anno dopo da Sellerio. È il racconto di sei mesi trascorsi in una capanna in mezzo ai boschi e ai ghiacci, in totale solitudine, sulle rive del lago Bajkal, a oltre cento chilometri di distanza dal primo villaggio abitato. Tesson si è portato dietro un numero cospicuo di libri di filosofia e letteratura (da Lucrezio a Baudelaire, da Eliade a Thoreau, da Conrad a Cendrars, tanto per citare alcuni autori), sapendo che la sfida principale sarebbe stata quella di trascorrere le giornate in silenzio totale, da puro eremita. D'inverno temperature che vanno sotto i trenta gradi, d'estate gli orsi che si avvicinano al lago: tutto ciò – si chiede sovente in questo diario – può procurare la felicità? Sì e no: egli è consapevole che la bellezza della natura non rende automaticamente migliore l'essere umano e che la teoria critica formulata da Emerson ed Ellul non sempre è vera: «Non è la densità abitativa del parco urbano a incattivire gli uomini, non è lo stress provocato dalla pressione commerciale a trasformarli in topi malevoli e rissosi. Qui al Bajkal, separati da decine di chilometri di costa, tra boschi magnifici, gli uomini litigano come i vicini di casa di una volgare megalopoli. Cambiate pure il contesto, la natura dei "fratelli" rimane la stessa».
Ciò nonostante, la ricchezza della sua esperienza è indubitabile e la sua rivolta contro lo stile di vita occidentale rivendicata fino in fondo. Così può scrivere: «La sobrietà dell'eremita consiste nel non lasciarsi sopraffare dagli oggetti e dalla presenza dei propri simili, nel disabituarsi a quello che un tempo gli era necessario. Il lusso dell'eremita è la bellezza. Dovunque posi lo sguardo, scopre uno splendore assoluto». E in un altro passaggio: «In fondo l'unico pericolo che minaccia l'eremita – a parte la vodka, gli orsi e le tempeste – è la sindrome di Stendhal: sentirsi venir meno davanti alla bellezza».
L'assurdità del consumismo esasperato gli si presenta un bel giorno quando un gruppo di russi arricchiti di Irkutsk arriva sul lago ghiacciato e lo percorre a bordo di rumorosissime 4x4 per provare un po' di ebbrezza. Tesson li osserva con un certo raccapriccio e torna al suo silenzio. «Meno si parla e più a lungo si vive», gli dice Jurij, uno dei pochi russi che vivono nelle vicinanze e che ogni tanto lo vanno a trovare. E lui altrove commenta il senso della sua giornata: «Oggi non ho fatto del male a nessuna creatura vivente di questo pianeta. Non fare del male: è strano che gli anacoreti del deserto non citino mai questa ragione quando spiegano la loro scelta di ritirarsi in solitudine». L'eremitismo diventa, senza alcuna superbia, filosofia di vita, a metà strada fra stoicismo e cristianesimo. Senza porsi l'obiettivo di distruggere la società (come vorrebbero gli squatter o gli hacker), ma standone lontano, «in un garbato diniego».