Annuncio prima della sigla: «Programma fortemente sconsigliato a un pubblico di minori». E che mai ci sarà in un programma di medicina? Vedere per capire, anche se il titolo può mettere in allarme. Si tratta di ER: storie incredibili, dove “ER” è l’acronimo inglese di “emergency room”, ovvero Pronto soccorso, ma è l’aggettivo «incredibili» a destare attenzione, anche perché il canale che lo trasmette (Real Time il giovedì sera) spiega che il programma propone storie realmente accadute a medici di Pronto soccorso e che in genere hanno a che fare con diagnosi difficoltose, pazienti violenti o che si comportano in modo strano o situazioni in cui il personale medico non è pronto o non ha i mezzi per gestire la situazione del paziente. In effetti, in alcuni degli episodi in onda l’altro ieri, abbiamo visto gemelle che parlano all’unisono mostrando anche sintomi simili, oppure un paziente ancora vivo ma senza battito cardiaco e pressione sanguigna, fino al ricovero di un uomo con un tacco a spillo conficcato nel petto. Da quest’ultimo caso abbiamo capito che la voce fuori campo di cui si diceva aveva un senso. A scanso equivoci va comunque ribadito che, pur ispirandosi a fatti veri, si tratta in gran parte di ricostruzioni fiction, di messe in scena, anche se i medici parlano direttamente alla telecamera come in un reality. Ma la cosa più sorprendente è che la serie è già arrivata alla tredicesima stagione con oltre 120 puntate (Real Time in questo momento sta proponendo l’undicesima). È vero che di ospedali e dottori è piena la tv e quindi che i camici bianchi vanno per la maggiore, ma francamente non è facile capire perché i telespettatori d’Oltreoceano e quelli qui in Italia si appassionino a questo medical drama statunitense. O forse la spiegazione sta proprio nella bizzarria dei casi e nella drammatizzazione che fa credere di assistere a un fatto reale.
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