L'enigma della vita lontana nel poema totale e impraticabile di Giancarlo Majorino
Questo libro ha qualcosa di enigmatico. Somiglia a un enorme sintomo, a una sconfinata, incurabile patologia. È il corpo agonizzante di una poesia che vuole essere totale in assenza di ogni pensabile o esperibile totalità. È il rifiuto del poeta di trasformare i suoi appunti e frammenti in una forma letteraria abitabile, tollerabile, riconosciuta. Con ambiziosa modestia Majorino esemplifica la paralisi dell'immaginazione e della costruzione letteraria di fronte al mostruoso grigiore del mondo, un mondo pieno del suo stesso vuoto. Questo mondo ha però un enorme, indomabile inconscio biologico, un inconscio preumano e postumano, dove tutto è in metamorfosi. L'inconscio di questo mondo è così, in realtà, anche la fine di questo mondo, cosa che dà all'autore una scossa di allegria. Il poema della Milano impiegatizia, commerciale, bancaria, operaia, militante, manageriale, europea, è un poema globale senza forma né luce poetica, perché quella città e il mondo che riassume non meritano sublimazioni. Viaggio nella presenza del tempo è il poema impraticabile (fallito e riuscito) della vita lontana, dimenticata, quotidianamente amputata, eppure dovunque presente.