L'educazione civica a scuola? Un «virus positivo»
La soglia tecnica da superare, come prevede la Costituzione, è quella delle 50mila firme valide. Si può sperare che l'obiettivo sarà centrato, consentendo di lanciare una sfida a tutte le forze politiche presenti in Parlamento e alle forze migliori dell'associazionismo attivo nella società (è immaginabile che aderiscano ad una battaglia di questo tipo, solo per citare qualche esempio, i Giovani Imprenditori di Confindustria piuttosto che il Forum nazionale Giovani?). Non potrà che essere una battaglia trasversale, senza bandiere di parte, in cui ogni forma di strumentalizzazione dovrà essere bandita all'origine.
Ma c'è una barriera molto più importante da superare, culturale e psicologica: la diffusione nel Paese di un "virus positivo", quello della riscoperta dei valori e del senso profondo di vivere in una comunità fatta di doveri e di diritti, di responsabilità e di libertà, che funga da efficace antidoto contro quel solipsismo egoista che caratterizza mediamente l'interpretazione del ruolo di cittadino in Italia. E contro quell'odio sociale che oggi rischia di riportarci alla basica situazione di "homo homini lupus".
A qualcuno potrà sembrare solo una piccola questione da vecchi cultori della programmazione scolastica. Si tratta in realtà, come "Avvenire" e il suo direttore hanno più volte e anche recentemente sottolineato con forza, di una battaglia vitale per la sostenibilità della nostra democrazia, che ha un tremendo bisogno di cittadini diversi da quelli che oggi animano le nostre città e le nostre piazze.
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