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L'Australia batte l'Italia del vino

Vittorio Spinelli sabato 22 aprile 2006
Per la prima volta nella storia del commercio mondiale di vino, l'Australia ha venduto più bottiglie dell'Italia nel mercato d'oro per eccellenza: quello degli Usa. Si tratta di una notizia che deve far pensare, e non solamente i vitivinicoltori dello Stivale. I conti sono presto fatti. Stando alle rilevazioni dell'Italian Food & Wine Institute relative al gennaio 2006, sul mercato statunitense le esportazioni di vino australiano,
sono cresciute del 13,7%, sorpassando in valore quelle Made in Italy che pure sono aumentate ad un tasso del 7,9%. In questo modo - ha fatto notare Coldiretti che ha rilanciato i dati americani - l'Italia pur con una quota di mercato pari al 29,1%, mantiene saldamente il posto d'onore tra i vini stranieri davanti alla Francia ma perde momentaneamente una leadership storica. Alla base di questa situazione una diversa e più aggressiva strategia di vendita dei produttori australiani che, d'altra parte, già da tempo sono presenti con le loro etichette anche nel nostro Paese. L'Australia, d'altra parte, adopera armi semplici ma efficaci: i prezzi contenuti e la qualità tutto sommato elevata. A questo punto che fare? Per riconquistare il primato detenuto nel 2005 la nuova sfida
- sostiene la Coldiretti - è quella di esaltare le differenze e presentare negli scambi commerciali non solo vini, ma un intero territorio fatto del patrimonio genetico dei suoi vitigni, delle sue ricchezze endogene, del clima, del paesaggio e di testimonianze artistiche e naturali. La soluzione potrebbe davvero essere questa, ma è un fatto, intanto, che sostanzialmente alcuni dei produttori «ultimi arrivati» nel ghota della enologia mondiale siano riusciti a scavalcare tutti nel mercato più ricco al mondo. Il sorpasso è davvero a questo punto una ottima motivazione per ripensare - ancora una volta - le strategie e le strutture dei costi dei nostri vini, ma anche i percorsi che l'Italia compie all'estero per la promozione del proprio patrimonio agroalimentare. Intanto però, dal mercato interno arrivano timidi segnali di ripresa anche se solamente sul fronte delle quantità e non dei prezzi. Troppo poco - ha sottolineato la Cia - per parlare di un capovolgimento di fronte, ma pur sempre qualcosa di diverso dal calo registrato in precedenza. Destano interesse, per esempio, gli aumenti del 5,5% degli acquisti di verdure e ortaggi che le rilevazioni
sui consumi domestici Ismea-AcNielsen hanno colto. Ma anche in questo caso appare subito il rovescio della medaglia: cresce, infatti, anche l'arrivo di prodotti dall'estero che, senza adeguati controlli sull'etichettatura, rischiano di essere spacciati come Made in Italy. Ad esempio - indica ancora la Coldiretti - sono triplicati gli arrivi dall'estero di carciofi provenienti principalmente dall'Egitto e di carote dagli altri Paesi dell'Unione Europea. E non basta, perché sono praticamente scomparse dai banchi di frutta e verdura le etichette con l'indicazione dell'origine, della qualità e delle varietà in vendita.