Il Settecento, secolo di libertini, eleganze rococò e razionalismo aggressivo, si apre con la valorizzazione dell'utile e del bene pubblico. Nasce il giornalismo moderno, in Europa letterati e intellettuali viaggiano come mai prima. L'Inghilterra e poi la Francia sono sempre più di moda e hanno definitivamente preso il posto di quella che fu l'Italia umanistica e rinascimentale come fonte di forme e valori culturali. Emerge un'insofferenza per gli effetti illusionistici, le dilatazioni e le sontuosità formali del barocco. Tende a razionalizzarsi anche la comunicazione letteraria, che si avvicina di più alla lingua parlata, allo stile diretto e brillante degli scambi epistolari. È il secolo di Defoe, di riviste come "Spectator", del Dizionario filosofico di Voltaire e delle strofette in ottonari rimati di Metastasio: il senso comune attira più delle geniali stravaganze. In Italia uno dei più importanti intellettuali della prima metà del secolo è Lodovico Antonio Muratori (1672-1750), che fu bibliotecario e archivista a Modena, nella corte degli Estensi. Grande erudito e storico, non si può certo dire che sia molto letto. Ma ora l'editore Donzelli pubblica un ottimo volume a cura di Matteo Al Kalak nel quale vengono proficuamente accostati due testi che Muratori scrisse a diversi decenni di distanza: Rudimenti di filosofia morale (1714) e Della pubblica felicità (1749).Si tratta insomma del Muratori pedagogico e politico, più che dello sconfinatamente erudito. L'autore non è certo un iconoclasta nemico della tradizione, è anzi cristiano e cattolico: ma nel corso di tutta la sua vita ha cercato di delineare un'etica capace di promuovere e mantenere una vita sociale giusta e felice. Deplorando la frivolezza e la chiusura ritualistica delle troppe Accademie presenti in Italia, affollate di letterati indifferenti alle scienze e alla diffusione del sapere, Muratori si ispira alle virtù cardinali (Fortezza, Prudenza, Giustizia, Temperanza) ma moderna è la sua prosa, fatta di un buon senso e un buon gusto che non gli impediscono la severità del giudizio nei confronti di molti vizi diffusi che niente hanno di cristiano. Il suo ideale (del tutto controcorrente nel suo secolo) non era né radicalmente riformatore né tanto meno rivoluzionario: era l'ideale di una felice societas christiana. Chissà che Muratori non sia diventato oggi più attuale degli illuministi atei francesi.