Sabbatai Zevi, ebreo di Smirne, cominciò a metà del Seicento a proclamare l'avvento dell'era messianica. Ben presto il suo seguace Nathan di Gaza proclamò che Sabbatai era l'atteso Messia. Mentre Sabbatai e Nathan si imbarcavano per Costantinopoli per andare a chiedere al Sultano la restituzione della terra d'Israele, e il mondo cristiano seguiva con affannosa curiosità la vicenda, le comunità ebraiche, da Salonicco a Livorno ad Amsterdam, accoglievano con entusiasmo l'avvento del Messia e si preparavano al ritorno. Ma il sultano obbligò Sabbatai e i suoi seguaci a scegliere tra la morte o la conversione all'islam, ed essi si convertirono. Un Messia musulmano, dunque. Grande fu la delusione nel mondo ebraico, nonostante Sabbatai continuasse a professarsi, oltre che musulmano, ebreo e a sostenere che la sua conversione era solo il passo finale per la realizzazione dell'era messianica. Da allora, il messianismo fu guardato con sospetto e timore dal mondo ebraico, e anche il misticismo chassidico, culturalmente tanto vicino alle tendenze messianiche, lo abbandonò. Una storia che il grande studioso del pensiero mistico e cabbalista, Gershom Scholem, ha raccontato con maestria insuperata in un grande libro dedicato a Sabbatai e alla sua stravagante vicenda.