Dicevo ieri di quel crescente desiderio e certezza di ritrovare tutti quelli che ho amato: una volta superata, con paura e dolore, la cengia della morte. Ma, ci pensate? Averli, di colpo, davanti. Mio padre, con la sua faccia da emiliano e le vocali larghe, gli occhi buoni in cui il Don prima e poi tante guerre viste come giornalista, Congo, Vietnam, Afghanistan, avevano lasciato una impercettibile traccia, come un filo incrinato. Mio padre con il suo vecchio impermeabile liso e l'odore di tabacco: poterlo riabbracciare. La mamma, ma quella degli anni felici, prima del lutto e della malattia. Bionda, i capelli al vento nei prati delle Dolomiti. E tu, Luca, il fratello grande, tu che mi portavi sulle spalle. E tu, la sorella bruna che se ne è andata a quattordici anni, e io non me ne sono mai data pace. Perché mi hai lasciato sola, le chiederò, ancora arrabbiata, e dove sei stata, tutto questo tempo? Ma forse non ci sarà bisogno di parole: semplicemente nel suo abbraccio guarirò, finalmente. E, gli amici? Fabio, Luigi, Antonio, tutti qui. E sono certa che ci saranno anche i miei gatti, e il mio fedele vecchio cane. So che qualcuno avrà da obiettare. Io ricordo una parola di Benedetto XVI: «Nulla di ciò che amiamo andrà perduto», ha detto. Ed è allora come quando, ragazza, preparavo la valigia per un lungo viaggio, controllavo il biglietto, studiavo sulle guide. Come allora, emozionata, aspetto.