Preoccupati come lo eravamo tutti, la settimana appena trascorsa, nel preparare un Natale il più possibile sereno anche nelle difficoltà quotidiane, avevo cercato – per offrire un'ora di riposo – di proporre ai miei amici del Circolo trentino di visitare il museo di Pietro Canonica a Villa Borghese. Era il modo di unire un breve tempo di cultura al piacere di una passeggiata in questo spazio, che malgrado sia percorso nei suoi viali dalle macchine, conserva ancora angoli di silenzio e di fascino dell'Ottocento. Uno di questi è il museo, piccolo ma prezioso, situato nel centro della Villa e dedicato all'artista che univa alla sua anima di scultore anche la passione per la musica, che egli stesso componeva. Ebbi la fortuna di incontrare Canonica sulle rive del monte Circeo dove aveva preso dimora, alla fine degli anni Cinquanta, in una delle antiche torri sorte quando si temeva che i pirati arrivassero dal mare. Canonica sembrava una persona semplice e non dava l'impressione di essere quello scultore di fama internazionale che aveva soggiornato in tutte le più importanti corti europee, dove aveva lasciato un'infinità di ritratti in marmo e di monumenti di grande misura, celebrativi della storia dei Paesi del primo Novecento. Il palazzetto color mattone che sorge sulla parte collinare di Villa Borghese non si fa quasi notare, chiuso nel silenzio di una corona di pini e di un muro di cinta dove il cancello è quasi sempre aperto. L'uso di questo edificio gli era stato concesso dal Comune di Roma intorno agli anni Venti sia per le sue opere, come per la propria abitazione privata. In cambio l'artista si era impegnato a donare, dopo la sua morte, tutte le opere qui raccolte affinché se ne facesse un museo a suo nome. Chi vi entra la prima volta si trova a dividere lo spazio con la copia di opere di grandissima misura che si trovano in Russia, in Austria, nelle varie corti europee. Passarci davanti è come rileggere la storia del nostro continente con le guerre, le vittorie, gli amori perduti, le regine ed i re scomparsi con le loro corti e i loro cavalli. I piccoli busti e le statue equestri di grande misura, i bozzetti, i modelli, i calchi uno accanto all'altro ci portano a ripensare ad un mondo antico che è rimasto solo tra i fogli delle enciclopedie. Ogni museo offre opere d'arte con i segni del loro tempo, ma qui tutto è ancora vivo di una atmosfera che non sembra passata. Anche i quadri e gli arredi dell'Ottocento piemontese, raccolti al secondo piano, trascinano il visitatore indietro nel tempo e ti viene quasi voglia di bussare ad una porta per vedere se Pietro Canonica ti vorrà aprire.