L'ateismo del credente che Dio non sopporta
Si tratta di un vero e proprio «ateismo pratico», quell'«ateismo di tutti i giorni», di chi dice «io credo in Dio ma con gli altri tengo la distanza e mi permetto di odiare gli altri», di chi prega «tanti rosari al giorno» e poi odia il suo prossimo. Di più, perché «se uno dice: "Io amo Dio" e odia suo fratello, è un bugiardo. Chi infatti non ama il proprio fratello che vede non può amare Dio che non vede. Se preghi tanti rosari al giorno ma poi chiacchieri sugli altri e poi hai rancore dentro, hai odio contro gli altri, questo è artificio, non è verità, non è consistente. E questo è il comandamento che abbiamo da lui: chi ama Dio, ami anche suo fratello».
Semplice, lineare, inequivocabile. Li conosciamo tutti, questi credenti sempre in prima fila, sempre pronti a battersi il petto, ma impermeabili alla pietas, a quel partecipare della condizione del proprio prossimo, indisponibili alla condivisione. Quelli che pregano «solo per essere ammirati dagli altri. Quelli o quelle che vanno a Messa soltanto per far vedere che vanno a Messa, che sono cattolici, o far vedere l'ultimo modello che hanno acquistato, per fare buona figura sociale, vanno a una preghiera fasulla». Per papa Francesco di fronte a questi «atei» che si presentano come credenti non ci sono possibili distinguo, né ma né però: «Non riconoscerla, la persona umana come immagine di Dio, è un sacrilegio, è un abominio, è la peggior offesa che si può recare al tempio e all'altare». E per questo, allora, «la preghiera dei salmi ci aiuti a non cadere nella tentazione dell'empietà, cioè di vivere, e forse anche di pregare, come se Dio non esistesse, e come se i poveri non esistessero».
Parole forti, senza dubbio, ma impossibili da non condividere. Almeno per chi veramente crede, e si sforza ogni
giorno di testimoniarlo.