Il mare è uscito dalle mani di Dio e quindi può ben essere il luogo in cui è capitato il più importante evento salvifico dell'Antico Testamento: l'esodo. Il capitolo quattordici di Esodo richiama l'origine dello spazio, al tempo in cui Dio separò le acque dall'asciutto. Simile opera creativa si replica nella Pasqua antica. In Es 14,16, troviamo sia il verbo "separare" sia il sostantivo "asciutto" esattamente come in Gen 1,6-9. Questa reiterazione di gesti creativi però è ora come un ballo, un'azione di copia. Da un lato Mosè deve fare la sua parte stendendo mano e bastone sul mare per aprirlo e richiuderlo (14, 16.26-27), ma dall'altra il fondo marino non apparirebbe se il Signore di tutto il creato non soffiasse sul mare un forte vento d'oriente che fende le acque (14,21) e le costituisce in dighe (14,22) a protezione del suo popolo perché non si bagni i piedi (14,22.29). Il testo biblico ci tiene a dare un dato preciso: «In quel giorno il Signore salvò Israele dagli egiziani» (14,30), dunque non quando fuggirono di notte dalla terra d'Egitto. Quando il mare sommerge l'esercito del Faraone neutralizzando la potenza opprimente, allora Israele è salvo. La gradevole monotonia dell'onda sulla battigia sembra ancora oggi riportare la voce di Mosè, presso Pi-Achiròt, mentre placa gli israeliti terrorizzati: «Siate forti e vedrete la salvezza del Signore» (14,13).