Si impara ancora “a mente” in qualche scuola elementare italiana, prima delle vacanze di Natale, la poesia di Angiolo Silvio Novaro sulla Santa Notte, sul rifugio di Giuseppe e Maria in una stalla di Betlemme dove nascerà il Salvatore? Affettuose e orecchiabili, piacevano molto ai bambini di un tempo; e alle loro maestre e a qualche maestro: «Consolati, Maria, del tuo pellegrinare...». Ce n’era una anche sull’anno nuovo? «O anno nuovo che ti affacci / calpestando i lisi stracci / dell’anno ch’è morto, vieni!». E la più letta di tutte era quella sulla “pioggerellina di marzo” che annunciava la primavera; insieme a quella su san Francesco e il lupo: «Viveva un dì, narra un’antica voce, / vicino a Gubbio un lupo assai feroce...». L’abitudine di fare imparare a memoria poesie considerate strumenti educativi indiretti o diretti, credo si sia persa da tempo, e uno dei motivi per apprezzare il ricordo di Gianni Rodari fu proprio quello di avere ridato nuova vita a quella storia, tornando a quella tradizione; e si potrebbe anche dire che Rodari è stato un indiretto allievo di Novaro, il poeta ligure (1866-1938) che si fece una specialità dei versi facili da imparare a memoria anche per i bambini più piccoli, per i primi anni delle scuole elementari. Le raccolte di Novaro andavano a ruba non solo nella scuola, ed erano versi spesso banali ma sempre “caldi” e facili da ricordare, sì che ancora oggi più generazioni di italiani li ricordano. A cavallo, diciamo, tra Pascoli e Gozzano, Novaro era però bravo a parlare ai lettori tra i sei e i dieci anni, un pubblico che seppe conquistare senza mai ruffianeggiare. Altri suoi versi venivano talvolta proposti nelle aule di un tempo, su Garibaldi e sulle sue imprese. Novaro venerava “l’eroe dei due mondi” ma il suo amor di patria fu messo a dura prova quando, nella Prima guerra mondiale, un figlio gli morì al fronte. Imparare versi a memoria era considerato un tempo un esercizio fondamentale sotto tanti aspetti, e il fatto che, ancora in tanti, tanti versi ricordiamo delle poesie apprese allora, spesso anche ardue e importanti man mano che si cresceva d’età e dalle elementari si passava alle medie o alle “scuole d’avviamento professionale”, significa che non tutto della scuola di eri era da buttare, e che certe tradizioni potrebbero ancora, “aggiornate”, avere un senso, a scuola e nell’età adulta – di fronte alla prosa di tutti i giorni, e a quella, così “sgraziata”, degli scrittori e giornalisti più noti e aggressivi, e in assenza di poeti nostri amati dai grandi e tanto meno dai piccoli...
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