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L'ARENA DELL'AVERE

Gianfranco Ravasi giovedì 13 febbraio 2003
Oggi si riceve un'educazione comune, obbligatoria e sbagliata che ci spinge tutti dentro l'arena dell'avere tutto a tutti i costi. In questa arena siamo spinti come una strana e cupa armata in cui qualcuno ha i cannoni e qualcuno le spranghe. Tutti sono pronti al gioco del massacro. Pur di avere. L'educazione avuta è stata: avere, possedere, distruggere. Quando Tuttolibri era un settimanale a se stante, lo si poteva conservare come avviene con le riviste ed è ciò che ho fatto anch'io. Sfogliando l'annata 1975 mi imbatto in un'intervista che Furio Colombo aveva
ottenuto da Pier Paolo Pasolini: poco dopo lo scrittore avrebbe concluso tragicamente i suoi giorni. Il testo è molto intenso e riflette una forte critica contro una società che da allora non è che sia significativamente mutata
a livello etico. Anzi. L'"educazione comune", quella che è somministrata come un prodotto di consumo dalla televisione ma anche dalla maggior parte delle "cattedre" ufficiali, è tutta racchiusa in quel trittico verbale: avere, possedere, distruggere (o consumare). Quella che Pasolini suggestivamente chiama "l'arena dell'avere" è il campo ove si celebrano le vere competizioni politiche, sociali, sportive e persino culturali. Con terrore lo scrittore-regista giunge al punto di affermare: «Io scendo nell'inferno. Ma state attenti: l'inferno sta salendo da voi». Certo, non bisogna cadere nella trappola dell'apocalittica per cui tutta la storia e la società sono sotto il vessillo del Maligno. Ma non ci si può neppure ridurre a figure incoscienti che banchettano su un baratro, privi di tensione e di moralità, pronti solo a cercare cose e possessi, incapaci di ascoltare la coscienza, di donare amore e di scoprire la verità.