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L'anima incantata

Roberto Mussapi martedì 26 agosto 2014
«In piedi tutta la notte al Tempio / puoi uscire e toccare le stelle./ Io non azzardo altro che un lieve sospiro,/ per paura di svegliare il popolo del cielo».Versi di mistico rapimento verso il cielo, ma, simultaneamente di umilissima adesione alla terra. Li Po, il più grande poeta cinese, vissuto nell'VIII secolo, è uno dei lirici assoluti, con una cifra particolare: il suo io dialoga continuamente con l'infinito, ma sempre sentendosi per natura terreno. E in questa sua notte al tempio (Li Po è un poeta profondamente religioso, il buddismo informa la sua disciplina spirituale influenzando anche la forma della sua poesia), rappresenta esemplarmente una situazione contemplativa. Potrebbe uscire di sé e raggiungere il cielo, ma percepisce a tal punto la propria finitudine di uomo da non osare. Il massimo della sua avventura, del suo azzardo, è un lieve sospiro, nel timore di svegliare il popolo del cielo di turbare, con la sua voce umana, la quiete astrale delle divinità celesti. È una forma di contemplazione differente da quella del mondo cristiano, che in virtù dell'Incarnazione brucia la distanza tra l'umano e il divino. Ma, e questo conta, un esempio di poesia in cui visione e spiritualità si fondono, mostrando l'anima dell'uomo perennemente incantata dal cielo.