L'America che c'era e che c'è tra sconcerto e banalizzazioni
No, nulla sarà più come prima. Sallusti azzarda un parallelismo suggestivo: «Il 6 gennaio 2021 sta al sovranismo come il 9 novembre 1989 - giorno della caduta del Muro di Berlino - sta al comunismo». Fine, come sentenzia lapidariamente giovedì il “Manifesto”: «The End». Fine, come assicura sul “Corriere” Beppe Severgnini: «La fine di un esperimento: quello del populismo aggressivo, condito di negazionismo e ossessioni, cullato dagli algoritmi dei social». Ma sullo stesso “Corriere” Massimo Gaggi ammonisce: «Smontare questa macchina infernale non sarà facile». E il politologo Marc Lazar, intervistato dalla “Repubblica”, incalza: «Il trumpismo non è finito: lascerà negli Usa tracce molto profonde». E non solo gli Usa sono stati devastati. Spiega sulla “Stampa” Lucio Caracciolo: «Ora il mondo è senza guida. Quando la potenza leader del pianeta è in confusione, il problema ci riguarda tutti».
Si smarca “Libero”, che relega i fatti americani di spalla o di piede. A ognuno le sue ossessioni: «Se vuol comandare senza vincere, s'iscriva al Pd. Adesso Trump rompe le scatole». Una banale rottura, nient'altro.