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L'affine differenza

Roberto Mussapi sabato 6 settembre 2014
«Solo coloro che possiedono una forte individualità possono sentire la Differenza». Victor Segalen, viaggiatore francese, scrive queste parole all'inizio del Novecento, in un saggio sull'Esotismo. Che, sottolinea, non ha nulla a che vedere con i suoi orpelli: palme, cammelli, il casco coloniale (ai suoi giorni), paradisi artificiali da agenzie turistiche (ai nostri). L'esotismo è una disposizione d'animo, e consiste nel provare ebbrezza di fronte a ciò che è differente. Chi ha una forte personalità non solo non teme, ma gradisce l'incontro con il diverso, prova dell'unicità di ogni uomo. Chi lo paventa, arroccandosi orgogliosamente negli usi e costumi della sua tribù, manifesta una personalità debole. L'incontro è quindi una iniezione di vitalità, un'apertura di orizzonte. E, come sottolinea Segalen, l'esotismo non è solo nello spazio (paesi, civiltà, usi e costumi), ma anche nel tempo: ci consente di comprendere azioni, comportamenti e realtà di età passate, prossime o remote. Sono d'accordo, viva il sano (non posticcio) esotismo, con una integrazione che ritengo indispensabile: l'incontro con l'altro ci provoca il brivido della differenza, benvenuta. Ma in ogni differenza non ci sfugga mai l'affinità, la comune sostanza umana. Le culture differiscono, non l'anima dell'uomo.