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L'abisso tra urgenza ecologica e abitudini

Alfonso Berardinelli venerdì 24 giugno 2022
Se c'è una cosa diffusamente percepibile da chiunque, ci si guardi intorno o si guardi alla propria vita quotidiana, è la forza straordinaria, quasi invincibile, delle abitudini. Le nostre abitudini hanno l'apparenza di pratiche inevitabili e innocenti, eppure mostrano con terribile evidenza quanto la mentalità comune sia ben lontana dal prendere atto del rapporto fra le crisi e le catastrofi ambientali e il nostro modo di vivere. Si ha persino l'impressione che in questi ultimi tempi la sensibilità ecologista sia diminuita rispetto a dieci o vent'anni fa. È certo prudente non generalizzare troppo e precisare sempre qual è di fatto il punto di osservazione da cui ricaviamo le nostre constatazioni e illazioni. Abito a Roma e vedo che il traffico automobilistico privato non dà segni di diminuire nonostante sia chiaro a tutti che si brucia una sproporzionata quantità di carburante per percorrere distanze brevi, e una volta arrivati a destinazione ci aspettano altri giri a vuoto nel tentativo di trovare parcheggio. La quantità di rifiuti che produciamo aumenta invece che diminuire. Contenitori e involucri di plastica da buttare via nel momento stesso in cui ci entrano in casa, ci assillano e ci umiliano tutti i giorni: sappiamo infatti con quanta plastica abbiamo già soffocato e intasato fiumi e mari. Per non parlare del livello ancora scandalosamente basso del civismo ecologico nelle grandi città. Adulti e giovani sembra che spengano l'interruttore della consapevolezza civica ogni volta che fa loro comodo seminare le strade e le piazze di cicche e bottiglie di birra. Sfogliando un piccolo libro su Herbert Marcuse, il "filosofo del '68" (L'utopia in movimento di Ruggero D'Alessandro, Castelvecchi), ho pensato ai grandi movimenti giovanili di quegli anni. Si parlava continuamente di legame fra le teorie critiche della società e la prassi politica, si soppesava quale e quanto fosse il potenziale "rivoluzionario" di ogni cosa che si pensava e si faceva. Oggi non si tratta più di quelle rivoluzioni politiche e sociali variamente teorizzate nei diversi rami del marxismo. Oggi si tratta del fatto che l'ambiente del pianeta Terra sia ancora e in che modo possa essere in futuro abitabile dal genere umano. Eppure i movimenti ecologisti non stanno davvero contagiando la mentalità e le abitudini sociali. Le informazioni si accumulano, le merci aumentano, ma si pensa sempre meno. L'umanità "digitalmente connessa" è troppo indaffarata. Per pensare, cioè connettere pensieri e fatti, non trova il tempo.