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Kierkegaard, Baudelaire e Dostoevskij critici della modernità

Alfonso Berardinelli venerdì 24 gennaio 2014
La sinistra radicale si semplifica la vita se pensa che i guai congiunturali e i maggiori problemi del mondo attuale nascano solo dalle politiche neoliberiste degli ultimi decenni. Ciò che accade oggi ha origini più complesse e remote. Non si tratta solo di liberismo, né solo di capitalismo. E' la stessa modernità che va riconsiderata in tutta la sua estensione storica. A partire da questa valutazione, Ernesto Galli della Loggia ha aperto una polemica con Roberto Esposito in un lungo articolo sul "Corriere della sera" del 20 gennaio scorso. Secondo il filosofo Esposito colpevole è il neoliberalismo, secondo lo storico Galli della Loggia non si dà critica al capitalismo senza una critica ai presupposti del mondo moderno: 1) la «razionalizzazione assoluta di ogni ambito della realtà e della vita», la battaglia della scienza contro ogni concezione magico-spirituale, e 2) una «vita collettiva sempre più penetrata dalla centralità del singolo individuo».Si annuncia così una discussione fra storici e filosofi che sarebbe utile anche alle nostre confuse culture politiche. Si parla di valori, ma non ne viene definito il contenuto: scopo della vita umana, vantaggi e pericoli della socializzazione, significato e limiti della libertà e dell'uguaglianza, usi e abusi della scienza e dell'autonomia individuale, definizione e senso dell'attività economica, della produzione e del consumo.La mia speranza è che le filosofie in cui l'ontologia si maschera da radicalismo politico (e Heidegger si associa a Marx) vengano sfidate dagli storici «a fare i conti con le contraddizioni profonde della modernità». Oltre a quella, forse insuperabile, fra capitalismo e democrazia, ne ricordo un'altra: la contraddizione fra individualismo economico-giuridico (ricchezza e diritti) e individualismo dell'esistenza (etica, arte, religione). Basta pensare a classici della modernità come Kierkegaard, Baudelaire e Dostoevskij per capirlo. Nel momento in cui la borghesia entra in conflitto con se stessa, artisti e filosofi diventano sempre più antiborghesi, antisociali, ribelli, utopisti e rivoluzionari. E proprio per questo, anche critici della modernità.