Mentre stiamo raccontando compiaciuti le virtù di due “maghi” della panchina, Mancini e Sarri, l'uno inedito stratega, l'altro profondo tattico, facciamo forse torto al protagonista principale di questa fase del campionato, Max Allegri, salito repentinamente dalla polvere all'altare dopo il poker di vittorie che ha riportato la Juve in corsa non solo per l'Europa ma anche per lo scudetto. Ho seguito con piacere di lettore e passione di addetto ai lavori una polemica vecchio stile fra il direttore del Corriere dello Sport Vocalelli e Arrigo Sacchi: questi ha da tempo ingaggiato un duello verbale e scritto con Allegri, criticandolo duramente, poi all'improvviso s'è rivoltato verso altri critici del tecnico juventino imponendogli di esser con lui più rispettosi. Ottima scelta, peraltro priva di un passaggio determinante: una seppur lieve autocritica accompagnata dalle precedenti motivazioni. Come dire, anche per comodità dialettica: «Mi piace notare che qualche mio consiglio ti è stato utile». Dico questo perché tempo fa ho qui dedicato una nota negativa al signor Max ricevendo una seppur moderata contestazione dal suo staff e a poco è valso far presente che negli anni sono stato un fervente sostenitore del migliore allievo dell'ottimo Galeone la cui felice ironia non è evidentemente stata trasmessa a Max né all'altro suo pupillo, Gasperini, che nel breve percorso milanese fu ribattezzato “Gasp” da chi ignorava che nel linguaggio dei fumetti quella parolina vuol dire “rantolo” e “ultimo respiro”. Sono felice della rampante risalita di Allegri, mi piace ricordare che al suo arrivo in Juve scrissi che non si sarebbe accontentato dell'ennesimo scudetto ma avrebbe cercato soprattutto di sfondare in Europa, là dove aveva fallito Conte; non mi piacque – e per questo lo definii demolitore – il suo atteggiamento nei confronti di Dybala, negletto e criticato per la sua irruenza giovanile presto rivelatasi una manna dal cielo, o meglio un acquisto felicissimo. Pensai – e lo credo ancora – fosse un vezzo di certi tecnici sapienti che spesso hanno atteggiamenti sospettosi nei confronti della Classe Naturale che accompagna i nascenti o accreditati Poeti del Gol. I fatti hanno dimostrato che avevo ragione: Dybala è il vero trascinatore della Juve Redenta. Come fu – così spiego la mia idiosincrasia per i “maghi” che non rispettano i Poeti – Roby Baggio quando arrivò in esilio a Bologna e Renzo Ulivieri tentò di spegnerne per sempre il magico talento. Allora vinsi la mia battaglia e Robi fu addirittura cannoniere del torneo e ultima luce della stella cadente felsinea. Rispetto Allegri e soprattutto chi rispetta i creativi talenti del gioco più bello del mondo.